Due milioni di mascherine da ritirare in Sicilia: "Sono fuorilegge"

Mascherine “fuorilegge”: due milioni di pezzi in Sicilia

I numeri dell'inchiesta partita da Gorizia

PALERMO – Sono circa due milioni le mascherine non a norma che la Protezione civile deve ritirare dagli ospedali siciliani. Centosettanta mila pezzi sono già stati raccolti e depositati nella base di Boccadifalco in attesa di essere analizzati dai laboratori indicati dalla Procura di Gorizia che coordina l’inchiesta.

È stato il dipartimento “Programmazione strategica” della Regione, servizio “monitoraggio acquisto in ambito sanitario” a scrivere una nota, il 24 aprile scorso, agli ospedali Giglio di Cefalù e Buccheri La Ferla di Palermo, all’Ismett sempre a Palermo, e al Centro neurolesi Bonino Pulejo di Messina.

ll provvedimento di sequestro riguarda in tutta Italia 60 milioni di dispositivi FFP2 e FFP3. Gli investigatori di Gorizia hanno disposto gli accertamenti su un campione ed è risultato che la metà aveva una capacità filtrante dieci volte inferiore rispetto a quanto dichiarato.

Secondo gli esperti, erano “non conformi alle normative vigenti e pericolose per la salute” e probabilmente costruite con materiale scadenti. Eppure, una volta validate dal Comitato tecnico scientifico, sono state distribuite, attraverso fornitori accreditati da Invitalia. Come sia accaduto è uno dei temi di indagine. Potrebbe essersi trattato di un mega raggiro.

L’indagine è partita dalle segnalazioni di alcuni operatori sanitari del Friuli Venezia Giulia. Si dicevano certo che le mascherine fossero taroccate. Le indagini, almeno finora, gli hanno dato ragione.

Da qui la necessità di ritirare i lotti. Il rischio è che negli ospedali italiani e in alcuni siciliani i sanitari abbiano usato dispositivi che non proteggevano a dovere e che invece sono stati certificati come regolari.

L’indagine della Procura di Gorizia, al momento è contro ignoti, ipotizza una sospetta frode nelle pubbliche forniture. Si sta, però, cercando di ricostruire la filiera che parte dalla vecchia struttura commissariale per l’emergenza Covid gestita dall’ex commissario Domenico Arcuri.

Una struttura i cui acquisti sono finiti sotto i riflettori anche della Procura di Roma che indaga sulle presunte irregolarità negli approvvigionamenti affidati con trattative dirette. La procedura di emergenza dettata dalla pandemia ha reso possibili gli acquisti senza gara e, secondo l’accusa, qualcuno ne avrebbe approfittato per fare affari.


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