Regionali, il rebus moderati e l'idea di una candidata donna - Live Sicilia

Regionali, il rebus moderati e l’idea di una candidata donna

I piani delle opposizioni che sperano di giovarsi delle divisioni del centrodestra.

Gli appelli si susseguono ormai a ritmo cadenzato. Anthony Barbagallo, segretario del Partito democratico siciliano, ha parlato a Livesicilia di uno schieramento per le prossime regionali che metta insieme Pd, Movimento 5 Stelle, sinistra e “moderati”. Quei “moderati” a cui si è rivolto anche il deputato dem Carmelo Miceli, in un’intervista al nostro giornale. E di cui ha parlato anche il capogruppo del Pd Giusepe Lupo in un’intervista a La Sicilia. Quelli su cui persino un grillino della prima ora come Giancarlo Cancelleri non ha chiuso. Ma chi sono questi ‘moderati’ e cosa frulla esattamente in mente al centrosinistra siculo?

La speranza del centrosinistra

Ogni settimana che passa, l’appuntamento con le elezioni che nell’autunno dell’anno prossimo rinnoveranno l’Ars e decreteranno il successore di Nello Musumeci si fa sempre più vicino. C’è tempo, è vero, ma anche forse è troppo presto per fare sul serio, comincia ad arrivare l’ora di attrezzare truppe e schieramenti. E di pensare a strategie. Gli oppositori di Musumeci sanno che la strada è in salita ma confidano nelle difficoltà, fin troppo note, della maggioranza. Il centrosinistra ha vinto nell’era dell’elezione diretta del presidente della Regione solo una volta, quando Rosario Crocetta approfittò della spaccatura del centrodestra che corse con due candidati forti e perse. Anche stavolta dalle parti del Pd si spera in un copione di quel tipo e si guarda con speranza a quell’effetto Draghi che ha Roma ha sparigliato.

I “due centri”: Forza Italia

Ecco che in questo scenario la speranza delle attuali opposizioni punta sui “moderati”, citati a ogni occasione. Due i blocchi sulla scena all’Ars. Il primo è quello che ha come motore immobile Gianfranco Micciché. E con lui i fedelissimi che seguono il presidente dell’Ars portandosi appresso il loro consenso sui territori. Cioè una buonissima parte del gruppo parlamentare di Forza Italia, ma non solo. Gli osservatori esterni considerano anche potenziali “rinforzi” di questo blocco, magari Edi Tamajo (Sicilia Futura-Italia viva) o il renziano Luca Sammartino. Le incomprensioni e le tensioni tra questo gruppo e Palazzo d’Orleans nel corso della legislatura sono cosa nota. Così come noti sono i periodici chiarimenti e le “appaciate” che fin qui hanno sempre rincollato i cocci con Musumeci. Con cui adesso Micciché dialoga anche di possibili rimescolamenti in giunta, riportano retroscena di stampa. Al momento il termometro segna temperature d’intesa ma gli alti e i bassi non sono mancati.

La sponda romana

Chi dall’altra parte punta a scalzare Musumeci da Palazzo d’Orleans guarda con attenzione (e forse con qualche eccessiva speranza) a questo blocco. E a quei forzisti che non si rassegnano a finire per essere gli junior partner dei sovranisti. È noto che a Roma c’è  un pezzo di partito (Gianni Letta, Mara Carfagna, Renato Brunetta) a cui il ruolo di stampella di Salvini e Meloni non piace. C’è poi un’altra ala del partito che è invece è ancorata saldamente all’idea del vecchio centrodestra, che è poi la posizione di Silvio Berlusconi così come ribadita dal consigliere politico del Cav Renato Schifani una manciata di giorni fa con una sorta di interpretazione autentica dell’ortodossia arcoriana.

Quale centrodestra?

Ma se i forzisti più ortodossi restano fedeli alla vecchia idea di centrodestra c’è da chiedersi sì, ma di quale centrodestra? Soprattutto in Sicilia. Dove non è un segreto che la Lega ambisca a reclamare per sé il candidato presidente. Forte non solo del patto di ferro con gli autonomisti di Raffaele Lombardo ma anche di un’intesa abbastanza robusta con Fratelli d’Italia, soprattutto con chi tra i meloniani con Musumeci e i suoi non si scrive da un pezzo (piccolo indizio, un ex sindaco di Catania). Riuscirà questo centrodestra spaccato, con per di più un “guastafeste” come Cateno De Luca pronto a candidarsi, a trovare la quadra dell’unità? Oggi nessuno può dirlo.

Il serrate i ranghi

Ovviamente Musumeci e i suoi non stanno a guardare e cercano di serrare i ranghi. Con Forza Italia il patto che riconfermerebbe Micciché alla presidenza dell’Ars potrebbe essere la chiave, gli altri centristi col governatore ultimamente dialogano di più e meglio. E il resto della coalizione? Qui casca l’asino. Un vertice di maggioranza, disertato però da pezzi importanti di coalizione, martedì pomeriggio ha cercato di gettare le basi per il percorso politico che dovrebbe portare alla ricandidatura del governatore, da ufficializzare in estate. Un percorso, seppur da Palazzo ci si sforzi di farlo trapelare come cosa fatta, che è ancora tutto da costruire. E il principale ostacolo non sarà probabilmente Forza Italia ma proprio l’asse sovranista-autonomista che all’idea di un bis del governatore di Militello non fa salti di gioia. Guarda caso all’appuntamento di martedì Lega e autonomisti non c’erano. Malgrado i desiderata del Pd, se c’è un alleato che scricchiola davvero più degli altri nella coalizione di Musumeci questo non è al centro.

Il cantiere centrista

Dicevamo che i centri all’Ars sono due. Uno è quello di Micciché, l’altro è quello del cantiere neocentrista che stanno cercando di mettere su tra gli altri Nicola D’Agostino, Saverio Romano e Mimmo Turano. E probabilmente anche quel che resta dei renziani, in Sicilia ormai palpabili solo a Palermo o quasi. L’operazione mira ad attrezzare una lista unica per le prossime regionali. E agli appelli al dialogo lanciati da Miceli, da queste parti hanno già risposto presente, vedi l’intervista a Livesicilia di Saverio Romano. La situazione è davvero molto fluida, insomma. E se causa Covid le amministrative di Palermo slittassero di qualche mese in un gande election day con le regionali, le alchimie politiche del capoluogo potrebbero intrecciarsi con quelle per il rinnovo dell’Ars.

Ricette diverse

E così dalle parti delle opposizioni si coltiva la speranza di non giocare il ruolo dello sparring partner al  prossimo giro, come accaduto l’altra volta con la candidatura last minute di Fabrizio Micari. Il candidato? I nomi che girano sono sempre quelli: Claudio Fava si è già fatto avanti, Giancarlo Cancelleri probabilmente un pensierino ce lo farebbe, l’ex ministro Peppe Provenzano è una carta da giocare per il Pd. Certo, le idee sulle strategie non sono le stesse. Se il Pd lancia segnali continui ai moderati, Fava ritiene che “le strategie da generali da Risiko hanno fatto il loro tempo”. A sinistra non si pensa ad accordi strutturali con Forza Italia (“ma ve li immaginate 5 Stelle e Forza Italia che fanno la campagna elettorale insieme in Sicilia?”, dice un deputato scettico) o con portatori di voti di un tempo che fu ma l’idea di coinvolgere pezzi moderati di società, possibilmente organizzati e riconoscibili convince anche Fava, che lavora ormai allo scoperto per lanciare la sua candidatura senza attese e tatticismi.

Una candidata donna

Ma da qualche parte nell’opposizione c’è anche un piano diverso da tirare fuori quando sarà il momento. La suggestione di una candidata donna, visto che una dona non è mai stata presidente in Sicilia. Ne ha parlato in questi giorni a Livesicilia la grillina Josè Marano. “Sarebbe una mossa di grande valore dopo un governo regionale in cui per fare inserire una donna abbiamo dovuto fare un ricorso al Tar”, raccontano abbia detto il segretario dem Barbagallo nei conciliaboli in vista del voto. Un nome, quello della candidata, che potrebbe arrivare – dicono i bene informati – anche da quegli “ambienti moderati” con cui saldare un nuovo patto per vincere le elezioni. Ma è troppo presto ancora perché qualcuno ne faccia il nome ad alta voce.


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