"Ha sparato allo Zen": arriva la conferma, ma ormai è libero

“Ha sparato allo Zen”: arriva la conferma, ma ormai è libero

Il tampone eseguito sulla mano di Carmelo ed Andrea Barone ha rilevato tracce di polvere da sparo

PALERMO – Carmelo e Andrea Barone, padre e figlio, parteciparono a una sparatoria allo Zen. La conferma arriva dalle analisi dal Ris dei carabinieri. Solo che nel frattempo Carmelo Barone è stato scarcerato dal giudice per le indagini preliminari. Oggi è indagato a piede libero.

Il 26 gennaio scorso i carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo con il blitz denominato “Bivio”, fermano quindici persone, tra cui Giuseppe Cusimano, considerato il nuovo capomafia dello Zen. Due giorni dopo il gip convalida il fermo per 13 persone, mentre due indagati vengono scarcerati. Tra questi c’è Carmelo Barone, il quale non solo nega di avere partecipato al conflitto a fuoco del 23 settembre scorso, ma addirittura racconta che gli è stato fatto lo stub e l’esito è stato negativo.

Non è vero. Il tampone eseguito sulla mano dei due indagati la sera della sparatoria ha rilevato tracce di polvere da sparo, solo che gli esami eseguiti dal Reparto investigazioni scientifiche di Messina necessitano di tempi tecnici e l’esito è arrivato solo adesso.

Carmelo Barone è libero. La Procura ha fatto ricorso contro la scarcerazione e ha avuto ragione, ma la difesa ha fatto ricorso in Cassazione. Per il figlio, Andrea Barone, il Tribunale del Riesame ha deciso che deve restare in carcere.

Secondo il procuratore aggiunto, Salvatore De Luca e i sostituti Dario Scaletta, Amelia Luise e Felice De Benedittis, lo Zen è una pentola a pressione che ogni tanto esplode. Come è accaduto a fine marzo con l’agguato ai danni di Giuseppe e Antonino Colombo, padre e figlio.

Giuseppe Cusimano lo scorso settembre diceva che “stiamo tentando di levare un po’ di immondizia là sotto… sto facendo una bella squadra… queste pistole, queste cose mettergliele nel culo e abbuscare (picchiare ndr)…”.

Facevano sul serio. Pochi giorni dopo due gruppi si affrontarono in un duello da Far West metropolitano tra le vie Einaudi e Bianchini. Da una parte Carmelo e Andrea Barone e dall’altra il gruppo dei Maranzano. Era stato Cusimano a fornire le armi ai Barone.

Non ne faceva mistero: “… gli ho dato tutte cose a Barone, gli ho detto: vai ad ammazzarli a tutti”. Già una volta Cusimano aveva salvato la vita a Letterio Maranzano ‘colpevole’ di avere mancato di rispetto a Giulio Caporrimo, mentre il reggente del mandamento era detenuto.

Maranzano creava tensioni e liti continue allo Zen tanto che sarebbe arrivato l’ordine di disarmare tutti perché in tanti girano armati in un rione dove qualcuno che ha diritto di abitare una casa popolare viene dissuaso dal farlo con una pistola puntata alla testa: “… all’epoca il fratello mi aveva detto… in una settimana mi ha fatto levare tutte le pistole”.

Ad un certo punto la misura fu colma. Letterio Maranzano doveva morire. Specie dopo che era andato a vuoto l’ultimo tentativo di farlo rientrare nei ranghi. Era stato convocato, assieme ad un altra persona, da qualcuno importante che “li stava ammazzando ieri sera”.

Il 29 settembre i carabinieri hanno perquisito la società Scalea Gas, di proprietà della famiglia Cusimano. Hanno trovato due pistole Beretta, modello 92, calibro 9 e hanno messo in guardia Maranzano.

Per i pm la ricostruzione era già solida, ora si aggiunge l’esito dello stub. Carmelo e Andrea Barone hanno sparato quella sera allo Zen, ma uno dei due ormai è libero.


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