Maxi sequestro al boss della Stidda e al fratello - Live Sicilia

Maxi sequestro al boss della Stidda e al fratello

L'uomo era stato inquisito dal giudice Livatino.
AGRIGENTO
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AGRIGENTO – Beni per un valore di 400mila euro sono stati sequestrati dal personale della sezione misure di Prevenzione patrimoniali -della Questura di Agrigento ai fratelli Antonio e Giuseppe Maira, rispettivamente di 71 e 65 anni, di Canicattì. Antonio, sottolineano gli investigatori, è stato un personaggio di primo piano nel panorama criminale della provincia agrigentina: negli anni ’80 come appartenente alla “Stidda” subì diverse condanne, tra cui quella più pesante inflittagli in un processo dove la pubblica accusa era sostenuta dall’allora giovane Pm Rosario Livatino, il giudice proclamato Beato domenica scorsa dopo essere stato ucciso nel ’90 da quattro killer.

Secondo diversi collaboratori di giustizia il giudice sarebbe stato assassinato proprio perché aveva inflitto forti condanne ad affiliati della “Stidda”, tra cui appunto Antonio Maira che era stato condannato dal Tribunale di Agrigento nel 1986 a 22 anni e mezzo di reclusione, pena poi ridotta in appello a 17 e sei mesi.

Nel dicembre 2019, per usura, i fratelli Antonio e Giuseppe Maira, erano stati fermati dalla polizia di Canicattì. Le indagini dell’epoca, suffragate anche dalle dichiarazioni di alcune vittime, fecero emergere che i due sarebbero stati responsabili di usura nei confronti di piccoli imprenditori in difficoltà, cui chiedevano tassi di interesse del 120 per cento annuo a fronte di somme prestate. Per questi fatti, in abbreviato, i due sono stati condannati a 4 anni di reclusione Antonio e a 5 anni Giuseppe Maira. Concluse le indagini di Mobile e militari dell’Arma, l’ indagine è passata agli specialisti delle indagini patrimoniali. C’è infatti uno specifico nucleo all’interno della divisione Anticrimine della Questura. I poliziotti hanno iniziato a scavare nei flussi finanziari dei due indagati, a partire dal 2000, e hanno rilevato la sperequazione tra le esigue somme di denaro di provenienza lecita e gli investimenti immobili e mobiliari, individuando abitazioni e botteghe tra Canicattì e Caltanissetta. Immobili che sono stati ritenuti – dagli investigatori – il reimpiego di capitali illeciti. Adesso, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha disposto i sequestri finalizzati a confisca. Si tratta di 5 appartamenti – fra Canicattì e Caltanissetta – con relative pertinenze, 3 magazzini, depositi bancari intestati anche ai familiari (19 rapporti bancari/finanziari per la precisione) e un’autovettura Audi Q3. Un patrimonio stimato in circa 400 mila euro.


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