Ricchi come "Silvio Berlusconi": confisca milionaria per due usurai

Ricchi come “Silvio Berlusconi”: confisca milionaria per due usurai

I fratelli Maurizio e Giuseppe Sanfilippo ufficialmente erano venditori ambulanti. Godevano anche della stima dei mafiosi

PALERMO – I fratelli Maurizio e Giuseppe Sanfilippo grazie all’usura hanno costruito una fortuna che ora la Cassazione gli ha confiscato definitivamente.

Rubens d’Agostino, mafioso di Porta Nuova, un tempo alle ‘dipendenze’ degli usurai paragonava Giuseppe Sanfilippo a una “banca” o a “Silvio Berlusconi”. Uomini d’oro che si erano guadagnato stima e rispetto fra i boss. Un suo eventuale arresto o un nuovo sequestro di beni avrebbe bloccato “l’intera economia” della mafia palermitana.

Le intercettazioni di D’Agostino sono del 2017 e aggiornavano la storia giudiziaria dei Sanfilippo nei cui confronti è divenuta definitiva la confisca di un patrimonio stimato in 3,5 milioni di euro, decisa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica.

I fratelli Maurizio e Giuseppe Sanfilippo (il primo ha già patteggiato la pena a tre anni e tre mesi di reclusione, mentre Giuseppe è attualmente sotto processo) risultavano poveri, o quasi. Tra i beni che passano allo Stato ci sono 14 immobili, fra ville e appartamenti, negozi in affitto, un bar-tabaccheria a Misilmeri, che in tutti questi anni ha continuato regolarmente l’attività in amministrazione giudiziaria, assumendo il personale, undici mezzi fra automobili e fuoristrada, venti rapporti bancari tra conti correnti e posizioni bancarie.

Un piccolo impero che faceva a pugni con l’attività ufficiale dei Sanfilippo: venditori ambulanti di biancheria e calzature. Una sproporzione che fece scattare le indagini della finanza. Il giro di usura era molto redditizio, forse perché i tassi di interesse praticati, seppure da capogiro intorno al 70 per cento, erano ben al di sotto del 150 per cento applicato da altri strozzini della città.

A ricostruire il giro d’affari nel 2011 furono il Gico e il gruppo Tutela mercato capitali del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo.

La svolta nelle indagini arrivò quando Rubens D’Agostino, collaboratore dei Sanfilippo, fu arrestato in flagranza di reato. Lo beccarono nei pressi di un bar mentre minacciava una vittima non in regola con i pagamenti. Non era l’unico. Piccoli commercianti in crisi, impiegati e pensionati in difficoltà, gente che non aveva accesso al credito, lecito e tradizionale: in tanti si sarebbero rivolti ai Sanfilippo. E da tutti quartieri: da Borgo Nuovo fino a via Libertà. Non tutti, però, trovarono il coraggio di denunciare. E neppure di confermare le accuse una volta convocati dai magistrati ai quali resero false dichiarazioni.

Così D’Agostino ricordava quei giorni: “… ti parlo che io facevo colpi di 40–50 in ogni putia dove andavo… poi abbiamo scalato e siamo arrivati a 30 perché diciamo noi altri… per non fare feto però abbiamo incocciato lo stesso… e c’è stato che lui aveva la finanza di sopra e me l’ha buttata pure a me… e mi hanno arrestato… per usura…”. In realtà la condanna di D’Agostino, a cui trovarono 80 mila euro addosso, arrivò per il reato di riciclaggio.

I Sanfilippo si erano guadagnati il rispetto anche dei mafiosi che hanno sdoganato l’usura un tempo vietata dal codice d’onore di Cosa Nostra. Tra questi ci sarebbe “Masino”, e cioè Tommaso Di Giovanni, boss di Porta Nuova.


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