Battiato, filosofo pop delle meccaniche divine che ci faceva danzare

Battiato, filosofo pop delle meccaniche divine che ci faceva danzare

La feroce critica ai governanti, la ricerca dell'Uno e la leggerezza del sogno
LA MORTE DEL MAESTRO
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Franco Battiato se n’è andato mentre viviamo “strani giorni”, segnati da “battaglie e massacri di uomini civili”. La pandemia sta facendo la sua parte. Il pensiero di Battiato vivrà oltre la morte fisica per la sua straordinaria capacità di rendere pop un messaggio alto, sublime; per il merito di avere alimentato, canticchiando una canzone, “questo sentimento popolare” a misurarsi con le “meccaniche divine“.

L’uomo al centro di un universo – misterioso, sconosciuto – che riflette sulle “leggi del mondo“, spingendosi nell’amore oltre “le correnti gravitazionali“. Che pare una roba per esistenzialisti pallosi e poco propensi al godereccio, ma non lo è se è vero, come è vero, che l’album “La voce del padrone”, pubblicato nel 1981 (40 anni fa!) fu il primo Lp a vendere oltre un milione di copie. Un mix tra pop, classica, elettronica che conquistava il grande pubblico.

Tutti possono “cercare l’Uno al di sopra del bene e del male“, chi coltiva la nostalgia del ricordo delle “serenate all’istituto magistrale“, persino chi fa “la barba con il rasoio elettrico” perché bisogna correre, andare sempre più in fretta per starci dentro in questo mondo che crediamo di dominare. Ed invece lo mortifichiamo ogni giorno.

Ci siamo lasciati alle spalle quello che per Battiato era un “secolo oramai alla fine, saturo di parassiti senza dignità” e nessuno ne ha tratto il doveroso insegnamento. A cominciare dai “governanti, quanti perfetti e inutili buffoni“, specchio di un paese, e dunque di ciascuno di noi, “devastato dal dolore“, dove non si prova “un po’ di dispiacere per quei corpi in terra senza più calore“.

Si potrebbe proseguire con le citazioni del pensiero di un artista assoluto come Battiato, ma probabilmente gli si farebbe un torto. Le citazioni, infatti, viste così, fanno perdere quella leggerezza di cui Battiato era portatore sano. Ci faceva viaggiare verso mondi lontanissimi per poi ricondurci a casa, nella sua Sicilia, nella nostra Sicilia.

Ed ecco la sua vera forza, quella capacità di trascinare, di spingerti a danzare, a scatenarti in un ballo propiziatorio e liberatorio al tempo stesso (chi ha assistito ad un suo concerto lo ricorda come uno dei più divertenti di sempre). La forza di un filosofo pop – e Battiato lo è, senza offesa per gli accademici – consiste nel tentativo di rendere POPolare il messaggio che la ricerca spirituale risponde ad una logica terrena, ad un’esigenza carnale.

Il tentativo di “essere un’immagine divina di questa realtà” alla fine serve solo ed esclusivamente (e scusate se è poco) per vivere meglio, qui, adesso, “con le regole assegnate a questa parte di universo“. Che ci sfuggono, ma va bene così. Tanto alla fine “bisognerà per forza attraversare la porta dello spavento supremo“.


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