Fondi neri per mantenere i boss: clan Laudani, 5 condanne - Live Sicilia

Fondi neri per mantenere i boss: clan Laudani, 5 condanne

La sentenza che chiude il capitolo catanese dell'inchiesta Security. Due imputati per mafia e tre per concorso esterno.
MAFIA NELL'ASSE CATANIA-MILANO
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CATANIA – Una sentenza pesante. Non solo per gli anni di pena inflitti agli imputati, ma anche per il significato processuale di questo verdetto. Che – se fosse confermato anche negli altri due gradi di giudizio – metterebbe il marchio alla capacità della mafia siciliana, ancora oggi, di creare ponti finanziari con il Nord. Si chiude con cinque condanne il ‘capitolo catanese’ dell’inchiesta Security, che ha documentato la rete criminale costruita dal clan Laudani per accrescere fondi neri, necessari anche per assicurare il mantenimento dei capimafia in carcere. La cosca catanese si sarebbe infiltrata in alcuni settori economici in Lombardia, tra appalti (sulla vigilanza) e grande distribuzione alimentare (supermercati). 

Il Tribunale di Catania, presieduto dal giudice Roberto Passalacqua, ha condannato per mafia Luigi Alecci a 11 anni e Orazio Salvatore Di Mauro (Turi u biondo) a 10 anni. Condanna a 12 anni per gli imprenditore Giacomo Politi e Alessandro Fazio (riconosciuta la continuazione con la sentenza di Milano), pena invece di 8 anni e 8 mesi quella infinita a Emanuele Micelotta a cui sono state concesse le attenuanti. Tutti e tre sono imputati per concorso esterno. 

Il ‘sistema’ – come ha illustrato nella requisitoria la pm della DDA etnea Antonella Barrera – si baserebbe sulla creazione di fondi extra bilancio provenienti da “false fatturazioni”. Grazie alla complicità di ‘faccendieri’ e imprenditori ‘compiacenti’ sarebbero stati raggiunti gli obiettivi ‘illeciti del clan’.  Luigi Alecci avrebbe realizzato grazie ai suoi contatti con gli imprenditori, Giacomo Politi, Emanuele Micelotta e Alessandro Fazio il ‘network’ illegale nell’asse Acireale – Milano. L’intermediario sarebbe stato Orazio Di Mauro, molto legato a Sebastiano Laudani (Ianu il grande) a cui sarebbero andati parte degli ‘introiti’ milanesi. Turi u biondu avrebbe mantenuto il suo ruolo fino al suo arresto nel maxi blitz Viceré scattato nel 2016. Il suo posto nel ruolo di ‘cerniera’ lo avrebbe preso Enrico Borzì, già processato e condannato nel rito abbreviato. 


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