Stangata Tari o fallimento Rap, Orlando cerca una maggioranza - Live Sicilia

Stangata Tari o fallimento Rap, Orlando cerca una maggioranza

Opposizioni all'attacco, il sindaco davanti a un bivio

PALERMO – Aumentare la Tari o condannare al fallimento la Rap. Il comune di Palermo si trova di fronte (ancora una volta) a un bivio che rischia di segnare irrimediabilmente l’ultimo anno della sindacatura, con Orlando costretto adesso a cercare una maggioranza sul Pef 2020 che al momento non si vede. Ma in ballo non c’è il solito braccio di ferro tra la giunta e il consiglio comunale, bensì una partita milionaria che rischia di colpire i palermitani con il saldo Tari di dicembre.

La questione è semplice: nel 2020, con Bellolampo chiusa, la quinta città d’Italia ha speso 21 milioni di euro per portare altrove l’immondizia; un conto anche meno salato del previsto e reso più leggero solo dal via libera al progetto di chiusura della sesta vasca. A questi bisogna aggiungerne altri 5,5 e così il conto totale è di 26,5 milioni spesi in più nel 2020 rispetto all’anno precedente. In virtù di una norma nazionale, il surplus è stato spalmato sul triennio successivo: 8,9 milioni nel 2021 e altrettanti nel 2022 e nel 2023.

Tutto qui? No, perché a questi 8,9 milioni si dovranno aggiungere anche gli extracosti di quest’anno. Già, perché secondo le previsioni a fine giugno Bellolampo dovrà chiudere di nuovo i battenti e a quel punto la Rap non potrà fare altro che ricominciare a far viaggiare l’immondizia di Palermo, non si sa se in Sicilia (dove le altre discariche sono ormai sature) o addirittura oltre lo Stretto. Fare i conti è facile: in sei mesi il capoluogo produce circa 150 mila tonnellate di rifiuti e i costi di trasporto e smaltimento ammontano a 200 euro a tonnellata se si resta nell’Isola o a 300 euro se si va al di fuori. In pratica, quest’anno agli 8,9 milioni di extracosti 2020 bisognerà aggiungere fra i 30 e i 45 milioni di extracosti 2021, anche se del bando per i rifiuti all’estero emanato dalla Rap a inizio anno non si conoscono ancora gli esiti.

Considerando che l’acconto Tari è già in pagamento (scadenza primo giugno) alle stesse aliquote dello scorso anno, l’aumento si riverserà tutto sul saldo del 2 dicembre: una stangata che potrebbe fare schizzare alle stelle gli avvisi che arriveranno nelle case dei palermitani, costretti a coprire di tasca propria tutti gli extracosti. Una mazzata che arriverebbe qualche mese prima delle prossime elezioni e che sta letteralmente mandando in fibrillazione la politica cittadina.

Il sindaco Orlando sa bene di non avere grandi alternative perché l’unico modo per evitare l’aumento della Tari è scaricare sulla Rap i costi del 2020, portandola praticamente al fallimento; discorso a parte andrebbe fatto per gli extracosti 2021 da inserire in un Pef che è ancora tutto da scrivere, sebbene i tempi siano stretti. L’amministrazione comunale si è dovuta rimangiare la promessa di non aumentare le tasse e, in una nota firmata dall’assessore al Bilancio Sergio Marino, ha messo nero su bianco che non approvare il Pef (e quindi non aumentare la Tari) “comporterebbe per la Rap un percorso già visto in un recente passato”, cioè il dissesto. Una nota che ha subito fatto il giro dei palazzi della politica non solo per la rivendicazione che la Tari pagata dai palermitani “non è certamente tra le più alte in Italia”, ma soprattutto perché è evidente che l’aumento della tassa sembra ormai una strada obbligata e che il fallimento dell’azienda non è un’ipotesi poi così remota.

Il problema è che, dopo la rottura con Italia Viva, il sindaco non ha più una maggioranza e proprio dai renziani sono partite le bordate più dure all’indirizzo di Orlando e dello stesso Marino: un attacco a cui si sono subito unite Lega e Forza Italia. Le opposizioni sanno bene che votare un aumento Tari o condannare la Rap al fallimento sarebbe in entrambi i casi un suicidio politico, così come lo sanno i pochi consiglieri di maggioranza rimasti. Lasciare fallire la Rap sembra l’ipotesi meno probabile, soprattutto per le ricadute occupazionali, mentre sembra più concreta l’idea di un aumento delle tasse, anche se drastico. Per riuscirci, però, il sindaco dovrà anzitutto convincere i suoi a votare l’innalzamento della Tari e poi sperare che le opposizioni, fra assenze strategiche o voti contrari, garantiscano il numero legale senza provocare la bocciatura dell’atto. Un “salvataggio” indigesto per tutti e che potrebbe portare a un’accelerazione della mozione di sfiducia.


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