Gioielli rubati ai defunti e nessuna pietà neppure per quel bimbo morto

Gioielli rubati ai defunti, nessuna pietà per un bimbo morto

Il blitz di Caltagirone: "Controllo militare dell'obitorio dell'ospedale". Le scene riprese dalle telecamere

CALTAGIRONE (CT) – Obitorio dell’ospedale di Caltagirone. È il 21 agosto 2019. Nella camera mortuaria numero 1 giace il corpo di una donna. I parenti, tra le lacrime, hanno deciso di lasciarle la collanina al collo. Un amuleto per quel viaggio dalla vita all’aldilà.

La persona che ha curato la vestizione defunta, la ruba. Paolo Agnello, uno dei nove indagati del blitz “Requiem” scattato questa mattina a Caltagirone, nel Catanese, è immortalato dalle telecamere dei carabinieri mentre toglie il gioiello dal collo della defunta.

Il giudice per le indagini preliminari nelle sessanta pagine dell’ordinanza descrive la scena. Agnello esce “frettolosamente dalla sala” e ripone “nella tasca anteriore destra dei pantaloni” il gioiello rubato. 

Un atto “indegno”: lo definisce più volte il gip nella misura cautelare eseguita dai carabinieri di Catania. Sono decine i furti e i danneggiamenti registrati dalle telecamere dei militari.

Alfredo Renda, indicato come ‘la mente’ criminale del gruppo dagli investigatori e capo della onlus che si occupa dei servizi funebri, vaga di notte e di giorno nelle sale mortuarie del Gravina di Caltagirone. Stacca i talloncini identificativi dai corpi, li perquisisce in cerca di monili da rubare, fa sparire i biglietti e le locandine delle ditte concorrenti. Perlustra l’obitorio dell’ospedale, suo terreno di caccia. Grazie all’aiuto del dipendente dell’Asp Giuseppe Milazzo sarebbe riuscito a introdursi nel reparto a qualsiasi orario. 

Davide Annaloro è uno dei ‘collaboratori’ di Renda. Le telecamere inquadrano anche lui. Il 2 giugno 2019 la scena, alle 8 del mattino, è raccapricciante: “Annaloro dopo aver sollevato il lenzuolo che ricopre la defunta, con cura le sfila dalle mani la coroncina del rosario e la porta con se nascondendola in testa”

Ma non finisce qui, perché in quella stessa mattina Annaloro entra nella sala mortuaria numero 2 dove “riposa” un bimbo mai nato, trasportato lì pochi minuti prima dagli infermieri. L’indagato strappa il talloncino identificativo dal feto deceduto. Lascia il reparto e chiama Renda per “comunicargli i dati della madre del piccolo”. Tutto al fine “di non rendere facile l’identificazione alle altre agenzie del settore”. 

L’inchiesta scatta nel 2019 grazie alla denuncia del titolare di un’altra ditta di servizi funerari. Ai carabinieri racconta i soprusi, i furti e i danneggiamenti che ha subito. E anche le minacce: “Ti faccio chiudere. Ti ammazzo”. 

Renda o i suoi “compari” stazionano stabilmente all’ospedale per poter essere sempre presenti per non “lasciarsi sfuggire” alcuna occasione di guadagno. Per loro la morte altrui è un affare redditizio. Bisogna arrivare prima dei concorrenti. Oltre “all’occupazione” miliare del nosocomio, il gruppo di Renda e Agnello avrebbe potuto contare sulle segnalazioni degli operatori sanitari “compiacenti”. Ogni macabra soffiata sarebbe stata pagata “10 euro”. 

E per indicare la dipartita di un paziente del Gravina di Caltagirone c’è un linguaggio in codice. “C’è da prendere un caffè a Caltagirone”, dice l’infermiere Filippo Camilleri a Paolo Agnello. Peccato che manco meno di trenta minuti a mezzanotte. 


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