Quelli del 'gruppo Sperone': mafia e droga, un esercito di indagati

Trovato il libro mastro: mafia e cocaina, un esercito di indagati

La Procura di Palermo chiede l'arresto. Una sessantina di persone sotto accusa

PALERMO – Per gli investigatori sarebbero i componenti del “gruppo Sperone”. Una sessantina di uomini e donne che avrebbero controllato una delle principali piazze dello spaccio di droga di Palermo. Si sarebbero suddivisi i compiti per riempire di cocaina gli altri quartieri della città, spingendosi a Bagheria, Ficarazzi, Villabate, Siracusa, Agrigento e Augusta.

La droga sarebbe arrivata dalla Locride. Si sarebbero mossi rispettando le regole, a cominciare dall’autorizzazione chiesta ai boss mafiosi. La base operativa sarebbe stata per un periodo la casa di Vincenzo Militello, al civico 176 di via Sperone. Militello è in carcere da tempo, ma qualcuno avrebbe preso il suo posto nel fortino della droga.

I pubblici ministeri e i carabinieri spostano nel presente le indagini, nonostante il giudice per le indagini preliminari nei mesi scorsi abbia respinto la richiesta di arresto ritenendo che, nonostante sussistano i gravi indizi di colpevolezza, manchi l’attualità della prova.

I pm Gaspare Spedale e Federica La Chioma la pensano diversamente tanto da avere presentato un ricorso al Tribunale del Riesame. Chiedono l’arresto di diversi indagati, la stragrande maggioranza dei quali è a piede libero.

Prima di finire in carcere, così ricostruiscono i carabinieri del Reparto operativo, Militello avrebbe chiesto l’autorizzazione per i traffici ad Antonio Messicati Vitale, capo della famiglia mafiosa di Villabate. All’inizio ad occuparsi dell’approvvigionamento della cocaina sarebbe stato Salvatore Troia, detto il francese. Il suo nome faceva parte dell’inchiesta sulla nuova mafia di Palermo e provincia, scoperto nel maggio 2018 dai carabinieri di Palermo, e in primo grado è stato di recente condannato a nove anni.

Un gradino sotto ci sarebbero stati Salvatore Di Fatta, Domenico Macaluso, Antonino Mercurio e Antonino Palazzotto. Sarebbero loro a sovrintendere al lavoro dei presunti pusher, tra cui Antonino Bartolotta, Emanuele Caracausi, Francesco Cardella, Salvatore Ciancio, Pietro Crocilla, Biagio Ferruggio, Antonino Guccione, Domenco La Vardera, Roberto Pasca, Benedetto Scafidi, Alessandro Selvaggio e Pietro Trapani.

La custodia e il confezionamento della droga sarebbero stati i compiti di Francesco Bonura, Francesco La Vardera, Ilario Muratore e Ignazio Militello. Veronica Pillitteri si sarebbe occupata, dietro il pagamento di uno stipendio fisso, di trasportare la droga.

I pubblici ministeri sono pure entrati in possesso di un libro mastro che contiene i nomi dell’esercito degli spacciatori. Anche loro sono in libertà. Ecco perché i pubblici ministeri sono convinti che l’arresto di Militello e di qualche altro indagato in altre inchieste non abbia fermato l’associazione. Adesso tocca al Riesame valutare se in tanti meritino l’arresto.

Nel marzo 2018 una Fiat Panda fu fermata ad un posto di blocco in via Messina Marine. Al volante c’era un uomo. Nel vano porta oggetti nascondeva 23 mila in contanti. Quell’uomo è il genero di Militello, che prima di entrare in carcere per scontare una condanna a 11 anni, nei pochi mesi di libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare avrebbe organizzato la macchina della droga. Dopo l’arresto, secondo i pm, qualcuno avrebbe preso il suo posto.


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