Covid, a Palermo oltre 1100 assunti: chi sono e quanto guadagnano

Covid, 1.100 al lavoro a Palermo: chi sono e quanto guadagnano

C'è chi pensa al futuro. Per evitare di creare un nuovo bacino di precari l'unica strada sono i concorsi

PALERMO – ll Covid ha rappresentato una grande opportunità di lavoro e anche ben retribuito. O meglio, giustamente retribuito perché il lavoro deve essere pagato. Nel primo periodo c’è chi ha accumulato stipendi faraonici, poi si è deciso di stabilire un tetto massimo. La sola Azienda sanitaria provinciale di Palermo ha reclutato oltre 1.100 persone, fra sanitari e amministrativi.

La pandemia non è finita ma, stando ai bollettini sui contagi e all’incremento delle vaccinazioni, si vede la luce in fondo al tunnel. E allora ci si comincia a interrogare sul futuro dei lavoratori chiamati a svolgere mansioni unicamente connesse all’emergenza Covid.

I numeri di Palermo

Quali sono i numeri di questa macchina? Nella sola città di Palermo per conto dell’Asp lavorano 1.168 persone. Dell’azienda sanitaria provinciale fanno parte gli ospedali Ingrassia di Palermo, il Civico di Partinico e quello di Petralia, oltre ai vari presidi sparsi sul territorio, e i centri vaccinali compreso l’Hub della Fiera del Mediterraneo. Anche l’Asp di Palermo ha usufruito dell’avviso pubblico regionale del Policlinico Martino di Messina sulla base di una delibera del presidente della Regione che è anche commissario per l’emergenza.

Sono stati arruolati con chiamata diretta, tutti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, 216 assistenti amministrativi (guadagnano 20 euro lordi all’ora), 350 assistenti tecnici periti informatici (22 euro l’ora), 71 collaboratori amministrativo professionali (24 euro), 58 collaboratori ingegneri professionali (24 euro), 21 educatori professionali (24 euro), 24 assistenti sociali (22 euro).

Sempre con il bando di Messina sono stati assoldati anche dei liberi professionisti, dunque con retribuzione a partita Iva: 24 psicologi (30 euro lordi all’ora) e 21 psicoterapeuti (35 euro l’ora).

Poi ci sono i contratti Co.Co.Co del personale che si occupa di protezione civile: 3 medici (30 euro lordi all’ora), 34 amministrativi (15 euro), 19 tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (26 euro), 2 assistenti sanitari (26 euro) e un infermiere (26 euro).

Per quanto riguarda gli incarichi strettamente sanitari sono stati assunti con contratti di lavoro a tempo determinato 141 infermieri e 182 operatori socio sanitari.

Ed ancora: 141 medici con contratti di collaborazione coordinata e continuativa che possono lavorare un massimo di 140 ore mensili per uno stipendio che può toccare la cifra più alta di 7.200 euro. Un’ora di lavoro viene pagata 60 euro lordi agli specialisti e 40 euro ai non specialisti.

Ci sono poi i medici delle Usca, Unità Speciali di Continuità Assistenziale (ne sono stati selezionati 391 a cifre molto simili a quelle precedenti), quelli che si occupano dello screening dei pazienti (96 libero professionisti pagati 200 euro per ogni turno di lavoro di sei ore), i biologi (sono 9, pagati sempre 200 euro per un turno giornaliero di sei ore) e 17 medici vaccinatori (reclutati in accordo con l’assessorato regionale alla Sanità e che guadagnano 31 euro e 50 centesimi lordi all’ora). Infine è stato necessario assumere un addetto stampa che percepisce 3.300 euro lordi al mese.

E si arriva ai 1.168 persone impiegate. Un numero dinamico, che può subire variazioni a seconda dell’esigenze che impone la pandemia.

La via maestra dei concorsi

Tra i primi a guardare avanti, dalle colonne di Livesicilia, è stato il commissario per l’emergenza a Palermo Renato Costa, il quale ritiene che non si debba disperdere il patrimonio di professionalità acquisito. Costa vede nel personale finora assunto l’avamposto di una sanità di base capace di stare vicina al cittadino, un patrimonio professionale da non disperdere.

Nessuno si augura che ciò avvenga, ma è lecito interrogarsi sulle modalità di un eventuale inquadramento del personale in pianta stabile. Di sicuro non si sente l’esigenza di creare un enorme bacino di precariato da cui attingere negli anni a venire. È già accaduto per altre esperienze, da non ripetere, dove il precariato è diventato merce di scambio elettorale.

Se, quando la pandemia sarà davvero finita, dovesse servire aumentare la capacità della sanità siciliana di rispondere alle esigenze del cittadino la soluzione più giusta sarebbe quella di bandire dei concorsi pubblici, riconoscendo come per altro già avviene, il giusto peso all’attività già prestata in favore della pubblica amministrazione. Tutti, però, anche coloro che non sono entrati a fare parte della grande macchina Covid devono potersi giocare le proprie carte alla luce del sole.


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