"Io, diversamente indignato" - Live Sicilia

“Io, diversamente indignato”

La lettera del fratello del poliziotto Emanuele Piazza sul caso di Giovanni Brusca
Verità e giustizia
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2 min di lettura

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Andrea Piazza, fratello di Emanuele, vittima di mafia.

“In qualità di familiare sento la necessità di esprimere il mio punto di vista, per commentare il ritorno in libertà del criminale Giovanni Brusca, oggetto negli ultimi giorni di giudizio da parte di tante coscienze dormienti.

Sapevamo tutti che il giorno della messa in libertà sarebbe arrivato, circa due anni addietro l’efferato Brusca aveva chiesto e non ottenuto la possibilità di scontare gli ultimi parte di pena ai domiciliari (non sappiamo neanche in quante occasioni ha beneficiato di permessi).

Ritengo che non pochi familiari di vittime, inconsapevolmente prestino il fianco al teatrino mediatico senza pretendere di contro verità e giustizia.
Preliminarmente, sarebbe opportuno chieder a tutti “mondo dell’informazione per primo” il rispetto semantico dei termini appropriati e definire il Brusca e /o il Buscetta di turno “collaboratore di giustizia” e non utilizzare impropriamente la definizione “pentito” che presupporrebbe una volontà alla collaborazione disinteressata, senza alcuna forma di vantaggio materiale anche per non mettere sullo stesso piano una figura di mafioso realmente pentitosi per ragione di coscienza come Leonardo Vitale.

I collaboratori di giustizia sono e restano un male necessario, senza i suddetti soggetti reo confessi sarebbe altamente improbabile individuare esecutori materiali (in rari casi mandanti) , smantellare cosche, prevenire nuovi crimini, colpire i patrimoni illecitamente acquisiti, ma il reale problema è e resta la gestione degli stessi potendo diventare un’arma per finalità contrapposte.

I familiari delle vittime di contro “dovrebbero pretendere o sentirsi diversamente indignati” nei confronti del potere politico e giudiziario per non avere accertato “a verità reale, subito periodicamente i depistaggi di stato, vigilato adeguatamente sui collaboratori, gestito impropriamente il patrimonio illecito acquisito a seguito di confisca etc.

I familiari delle vittime di mafia “doverebbero pretendere il rispetto dell’etica alla memoria” contrastando qualsivoglia forma di associazionismo proliferato negli ultimi decenni che sfruttando la bandiera dell’antimafia ha destinato ingenti risorse economiche per finalità opposte all’affermazione della legalità.

In conclusione, mobilitiamoci per pretendere verità, giustizia e trasparenza”.


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