Covid e crisi, Rota: "Catania rischia la bomba sociale" - Live Sicilia

Covid e crisi, Rota: “Catania rischia la bomba sociale”

Da via Crociferi alla segreteria siciliana della Filctem, l'ormai ex segretario etneo lancia una stoccata a Pogliese: "Da mesi è latitante"

CATANIA – Una lunga militanza al vertice del sindacato di via Crociferi e per Giacomo Rota è arrivata la promozione a capo della segreteria generale della Filctem Cgil siciliana, sigla che rappresenta i lavoratori dei settori chimico, energetico, farmaceutico, del petrolio e del tessile del sindacato guidato da Maurizio Landini. L’ormai ex segretario catanese, 53 anni di età, è stato eletto stamani all’unanimità dall’assemblea generale, subentrando così a Giuseppe D’Aquila. “Rappresentiamo lavoratori di settori strategici – ha detto Rota una volta eletto – coinvolti in profonde trasformazioni, al centro anche degli interventi del Pnrr. Ma la transizione energetica e i processi di decarbonizzazione non devono avvenire sulla pelle dei lavoratori”.

Segretario, si chiude un ciclo e se ne apre un altro: che segreteria lascia?

“Penso di lasciare un Cgil più forte e più coesa. In questi anni ci siamo radicati ulteriormente nel territorio, abbiamo cercato di aumentare il livello di risposte da dare ai cittadini e alle cittadine. Il gruppo dirigente ha imparato a lavorare ancora meglio insieme: abbiamo cercato di portare avanti le vertenze legate al territorio, a cominciare da quelle del 2008”.

Come?

“Abbiamo cercato di stare accanto ai lavoratori, spesso con assemblee nelle aziende, animando nel territorio momenti d’incontro, portando avanti la contrattazione sociale con i Comuni. Anche il patronato ed il caf primeggiano in Sicilia, ottenendo ottimi risultati. La Cgil catanese ha cercato di mettersi al servizio del territorio e per questo abbiamo trovato dentro di noi le ragioni dell’unità”. 

Lei parlava di unità e coesione. E poi?

“Ovviamente c’è ancora tanto da migliorare e da fare. Io ho cercato di fare del mio meglio, spero di esserci riuscito. Sicuramente da questa grande organizzazione ho ricevuto molto di più rispetto a quanto sia stato in grado di restituire”. 

Il gruppo dirigente a cui le appartiene ha dovuto gestione una piazza di constante emergenza in questi anni.

“La crisi del 2008, che non si è mai risolta e che a Catania è rimasta strisciante protagonista di questi anni, sommata alla crisi del dissesto, e che si aggiungono alla crisi della pandemia, hanno creato una sorte di tempesta perfetta”.

Appunto, a che ora siamo della notte?

“La nottata non è ancora finita. Purtroppo abbiamo a che fare con istituzioni che non sempre comprendono questo. Purtroppo devo dire che il sindaco Pogliese, così come il presidente della Regione Musumeci, non hanno capito appieno i problemi che questa città attraversa. Non sono riusciti a mettersi al servizio di Catania e dei catanesi”.

Non molto tempo fa, proprio da questo giornale, aveva invece lodato l’approccio dialogante del sindaco Pogliese. Cosa è successo nel frattempo?

“Riconosco al sindaco di aver dialogato, in una prima fase, con le organizzazioni sindacali. Da sei mesi, invece, è scomparso. È latitante. Non si vede e non si sente. Non tollera le critiche, non gli piacciono coloro che gli profilano idee diverse. Le difficoltà attuali ci sono anche per questo”. 

Si spieghi meglio.

“Siamo di fronte a istituzioni che scappano dal confronto perché non hanno un progetto. Come Cgil, assieme alla Cgil e alla Uil, abbiamo lanciato proposte, portato avanti idee e lanciato grida d’allarme rispetto a tante questioni. Ma ci siamo trovati spesso a farlo in un silenzio assordante”.  

Quale sarà l’eredità della pandemia?

 “La pandemia ha indebolito il ceto medio. Servono risposte sociali altissime da parte dello Stato, che non arrivano appieno. Anche il Comune, che ha tentato di fare la propria parte come ha potuto, è in una condizione di grande difficoltà”.

Cosa teme di qui a breve?

“È chiaro che quello che potrà accadere sul mondo del lavoro, specialmente se sarà confermata la decisione sbagliata sulla fine del blocco dei licenziamenti a ottobre, è davvero preoccupante”. 

Catania è pronta a reggere la botta?

“Se salta la protezione dei licenziamenti in una città come Catania, dove il reddito di cittadinanza ha fatto da ammortizzatore sociale, si rischia davvero la bomba sociale. La Cgil è molto preoccupata”.

Cosa serve fare per disinnescare l’ordigno? 

“Serve mettere in campo tutta una serie di strategie complesse e complete che, specie da noi, sarebbero indispensabili affinché ci possa essere un’uscita morbida dalla crisi covid. Se sarà un’uscita brusca ci troveremmo di nuovo innanzi a quella crisi perfetta che non si è mai risolta”.

Segretario, cosa chiede ai lavoratori per resistere alla crisi?

“Il mondo del lavoro è una grande riserva morale e civile. Ma non è una riserva inesauribile. Ci sono tensioni, difficoltà ed enormi sofferenze”.

Cosa chiede invece a Catania?

“Catania è una città dalle grandi potenzialità spesso inespresse. Catania e la sua provincia offrendo industria, artigianato di alto livello, agroalimentare. Tutto ciò però viene frustrato dall’incapacità di una classe dirigente che non ha un progetto da offrire. E questo rende tutto più complicato”. 

C’è spazio per l’ottimismo?

“Guardi, soltanto se si sapranno cogliere le vere potenzialità della Città saremo nelle condizioni di portare Catania verso lo sviluppo compiuto. Se, al contrario, si continuerà a balbettare, non si uscirà mai dalla crisi”. 


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