Montante connection, parole nel bunker: “Io e la mia antimafia” -

Montante connection, parole nel bunker: “Io e la mia antimafia”

Ecco le nuove dichiarazioni dell'ex paladino della legalità. Che rivendica le sue ragioni.
LE RIVELAZIONI
di
2 min di lettura

CALTANISSETTA – Quando ha iniziato a parlare, è calato il silenzio in Corte d’Appello. Antonello Montante ha deciso, da ieri, di rompere il silenzio.

Il “demiurgo della finta antimafia” – così lo ha definito il giudice che lo ha condannato in primo grado a 14 anni, è accusato di associazione finalizzata alla corruzione e acceso abusivo al sistema informatico.

Il teorema

“La mia azione di legalità in Confindustria – dice Montante – cominciò già nel 2005, nel tempo poi ci siamo costituiti parte civile in tutti i processi, a partire dall’operazione Munda Mundis di Gela nel 2007. Fu proprio grazie al mio codice etico che in Confindustria ci fu una svolta nel segno dell’antimafia”.

Le rivelazioni

A difendere Montante sono gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta. Montante ha raccontato anche dei suoi primi passi nel mondo degli industriali quando, socio in una società di ammortizzatori, divenne presidente dei giovani imprenditori. “Nel processo scaturito dall’operazione Colpo di Grazia nel quale era imputato anche Di Francesco (imprenditore poi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa ndr) – ha detto – fui io a fare costituire Alfonso Cicero, allora presidente dell’Irsap, come parte civile”.

E sempre nei confronti di Cicero, uno dei testi dell’accusa, insieme a Marco Venturi, ha sostenuto, come riferito dall’Ansa: “Quando lui cominciò a corteggiarmi io già da tempo avevo avviato la stagione della legalità”.

La difesa

“La verità – dice Taormina parlando del suo assistito – è che in Sicilia avete avuto una grande occasione di liberarvi dalla mafia ma non ne siete stati capaci avete preferito il primato dell’essere mafiosi”. Montante nel corso dell’interrogatorio ha ripercorso la sua carriera da quando diventò presidente dei giovani industriali a quando entrò a far parte dell’Asi. “Venne nominato come componente del consiglio di amministrazione – dice Taormina – e poi vice presidente e lì scoprì l’ira di Dio del clientelismo e delle manovre molto anomale, per non dire corruttive, attraverso le quali le Asi procedevano all’assegnazione dei territori. Lui stesso era stato un richiedente e ritirò la domanda proprio perché si rese conto che era qualcosa di assolutamente inaccettabile. Fu cacciato dall’Asi Caltanissetta poi fu riammesso ma poi si dimise”.

CONTINUA A LEGGERE SU LIVESICILIA.IT


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI