Roberta Siragusa morta per il dolore, l'angoscia e il fumo

“Roberta Siragusa bruciata viva”: shock da “angoscia e dolore”

La perizia ricostruisce l'atroce fine della povera ragazza di 17 anni
L'OMICIDIO DI CACCAMO
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PALERMO – Quella di Roberta Siragusa è stata una morte atroce. La perizia del professore Alessandro Asmundo, sentito nei giorni scorsi durante l’incidente probatorio davanti al gip del Tribunale di Termini Imerese, doveva stabilire come sono andati i fatti, dal punto di vista medico, quella terribile notte a Caccamo, tra il 23 e il 24 gennaio scorsi. In carcere c’è il fidanzato diciannovenne Pietro Morreale, accusato di omicidio volontario.

“Roberta si è data fuoco e si è buttata“, ha detto il fidanzato per difendersi. Il perito, dopo che lo avevano fatto gli investigatori, lo smentisce.

Le parole usate dal consulente sono un pugno nello stomaco: “La morte è stata determinata da arresto cardio-circolatorio e respiratorio conseguente al gravissimo stato di shock causato dalle estese e gravissime ustioni del capo e soprattutto del tronco e degli arti superiori, fino alla carbonizzazione di ampi segmenti di superficie corporea”. Il corpo di Roberta è stato dato alle fiamme prima di essere abbandonato in dirupo.

Il sistema nervoso, la circolazione sanguigna, la frequenza cardiaca: tutto ha smesso di funzionare con regolarità. In medicina viene definito “shock primario”. Sono le fasi successive che lasciano sgomenti. Il perito ha rintracciato i segnali dei danni al sistema nervoso tipici della “profonda angoscia e dall’intensissimo dolore certamente provenienti dalla stimolazione di recettori presenti nell’estesa superficie corporea interessata dall’ustione”.

Asmundo è stato tranciate: si è “trattato di abbruciamento omicidiario essendo decisamente da escludere l’ipotesi suicidiaria, ovvero anche quella accidentale”.

Roberta era viva mentre il suo corpo veniva dato alle fiamme. Lo dimostra “il rinvenimento nelle vie aeree di materiale fuligginoso, indice di avvenuta respirazione durante la combustione degli indumenti indossati dalla vittima in corrispondenza di tronco ed arti superiori, pressoché totalmente inceneriti dalle fiamme”.

Ci si deve aggrappare alla speranza che la povera Roberta avesse perso conoscenza e non si sia resa conto degli eventi. Che dopo il tremendo trauma iniziale abbia smesso di capire che la sua vita stava per finire a soli 17 anni. Dopo avere sentito il consulente si attende ora l’avviso di chiusura delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio.


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