Mafia, Scarpinato: "Su Capaci interessi esterni a Cosa nostra" - Live Sicilia

Mafia, Scarpinato: “Su Capaci interessi esterni a Cosa nostra”

L'ex procuratore audito dalla commissione regionale Antimafia.

“Riina doveva uccidere Falcone a Roma dove era facilissimo perchè lui girava senza scorta, invece cambia il suo piano e decide di ucciderlo a Palermo con un attentato che richiedeva competenze tecniche elevatissime e comportava un elevatissimo rischio di fallimento. Il pentito Cangemi ha raccontato che Riina aveva cambiato programma dopo avere incontrato persone estranee a Cosa nostra ‘che gli guidavano la manina’”.

Lo ha detto, in una lunga ricostruzione della stagione stragista di Cosa nostra, l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, audito dalla commissione regionale Antimafia che indaga sul depistaggio delle indagini sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla scorta.

“Ecco che cosa mi disse Falcone”

“La mafia – ha proseguito – aveva i suoi obiettivi che a un certo punto hanno finito per convergere con un disegno di destabilizzazione voluto da altri soggetti”.

“Dopo la strage di Capaci – ha spiegato – nella stanza di Falcone al ministero della Giustizia entrano alcuni sconosciuti che accendono il pc del magistrato e guardano alcuni file. Dalla perizia fatta si vide che furono aperti solo i documenti relativi all’omicidio Mattarella e a Gladio”. “Falcone disse a me – ha aggiunto – che se avesse fatto il procuratore nazionale antimafia avrebbe fatto cose che nessuno si aspettava grazie a nuove collaborazioni che stavano maturando”.

L’agenda rossa

“Per capire perché è stato ucciso Paolo Borsellino e soprattutto perchè l’attentato venne deliberato e realizzato in tutta fretta, la domanda da farsi è cosa poteva fare Borsellino non cosa avesse fatto. Borsellino ha capito cosa c’era dietro la strage di Capaci e che dietro l’eccidio c’erano entità esterne. E aveva annotato tutto questo nell’agenda rossa scrivendo che c’erano entità superiori dinnanzi alle quali capì lui stesso di non avere scampo”. Lo dice l’ex procuratore generale Roberto Scarpinato audito dalla commissione regionale Antimafia che indaga sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. “Il pentito Gaspare Mutolo – prosegue – anticipò a Falcone che avrebbe parlato di Contrada (ex numero due del Sisde poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ndr) e il braccio destro di Borsellino, Carmelo Canale, ha raccontato di essere stato presente a un incontro tra Falcone e Borsellino in cui era stato detto che appena Mutolo avesse deciso di collaborare avrebbero messo le manette a Contrada”.

La norma in Parlamento e la tempistica della strage

Sulla decisione di anticipare la strage di Via d’Amelio Scarpinato ha detto: “era in ballo, dopo Capaci, la conversione della norma sul 41 bis e in Parlamento c’era una dialettica molto forte e una maggioranza garantista. Nonostante ciò Riina decide che la strage deve essere seguita prima del 7 agosto, data di conversione del decreto, rischiando quel che poi è avvenuto e cioè che la norma sull’onda di ciò che era accaduto fosse approvata”. Una fretta che Scarpinato giustifica solo alla luce di quel che dicono alcuni pentiti e cioè che Riina “aveva preso accordi con soggetti esterni”.

Mai finita la storia dei depistaggi

“La storia dei depistaggi purtroppo non è finita. Capisco che Giuseppe Graviano vuole difendersi ma perchè si fa carico di Aiello (ex agente dei Servizi deviati ritenuto killer di Stato ndr) e indica come possibile esecutori delle stragi soggetti morti o parla dell’agenda rossa che sarebbe stata trafugata da un magistrato? Graviano sembra scriva sotto dettatura dei Servizi”. Lo dice l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato audito dalla commissione regionale Antimafia sul depisitaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio. “Da un lato – aggiunge – abbiamo questo, dall’altro Avola (dichiarante catanese che ha escluso che gli attentati del ’92 videro coinvolti apparati deviati dello Stato ndr), poi ci sono altri elementi di cui non posso parlare, ma tutto questo mi fa pensare che c’è qualcosa che si sta muovendo oggi”. “Questa è la cosa drammatica – spiega – e chi sa i segreti non parla. E del resto con la nuova sentenza della Corte Costituzionale che apre all’uscita dal carcere agli ergastolani mafiosi anche senza la collaborazione con la giustizia, si apre una nuova stagione. Cosa accade se il Parlamento non approva in tempo una nuova legge sull’ergastolo ostativo? La strage è tra noi e i tentativi di depistaggio sono complessi e non sono mai finiti”.

L’agenda rossa

“Non bastava uccidere Borsellino si doveva far sparire l’agenda rossa perchè se fosse stata trovata sarebbe finito tutto visto che dentro c’erano chiavi in grado di aprire scenari che colpivano i mandanti esterni”. Lo dice l’ex procuratore generale Roberto Scarpinato, audito dalla commissione regionale Antimafia che indaga sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via d’Amelio. “La bomba la fanno esplodere i mafiosi – spiega – ma l’agenda la fanno sparire soggetti insospettabili che possono agire sfruttando la loro veste istituzionale. Nella borsa di Borsellino c’erano due agende: una viene lasciata, l’altra sparisce. Si capisce che non è un’operazione protocollare dei Servizi” “Il capitano Arcangioli (indagato per la sparizione dell’agenda ma poi prosciolto ndr) – conclude – prende la borsa dalla macchina di Borsellino e si allontana, poi torna indietro e la rimette nell’auto. La borsa a quel punto resta integra, nonostante un nuovo incendio si fosse sviluppato nell’abitacolo, solo perché un vigile spegne il fuoco”.

Eversione nera anticipa le stragi

“A marzo del 1992 Ciolini, un uomo vicino ai Servizi e alla estrema destra viene arrestato e gli trovano un’agenda con numeri della Cia, della Dea americana. A un certo punto scrive una lettera al giudice istruttore di Bologna annunciando una nuova strategia della tensione e annunciando l’omicidio di un politico della Dc e che da maggio a luglio ci sarebbero state una serie di esplosioni finalizzate alla creazione di un nuovo ordine deviato massonico. Otto giorni dopo, viene ucciso Salvo Lima”. Lo racconta l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato audito dalla commissione regionale Antimafia parlando del contesto in cui maturarono le stragi del ’92 e riferendo di un progetto eversivo finalizzato a destabilizzare le istituzioni che avrebbe visto come protagonisti mafia e apparati deviati dello Stato. “Ciolini – spiega – disse che il piano era della mafia, della Ndrangheta, della massoneria e della destra eversiva e aggiunse che ci sarebbe stata una seconda fase per distogliere l’opinione pubblica dall’ impegno contro la mafia. E arrivano le stragi del 93” . “Anche all’interno della magistratura è stato difficile indagare su Aiello (ex agente dei Servizi ndr). Borsellino venne travolto dal grande gioco, ma quello che mi angoscia è ciò che continua ad accadere e che mi fa pensare che la storia continui ancora”. Lo dice l’ex pg Roberto Scarpinato audito dalla commissione regionale Antimafia sui depistaggio delle indagini sulla strage di Via d’Amelio. “Negli omicidi Dalla Chiesa, La Torre e Mattarella – aggiunge – la mafia è il braccio armato di altri che hanno usato la causale mafiosa per occultare causali politiche che se svelate avrebbero destabilizzato il sistema”. “E’ possibile che ancora non si sa chi siano stati i killer di Mattarella?”, prosegue.

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