Il medico Grasso lascia il carcere: le donne "abusate" diventano tre

Il medico Grasso lascia il carcere: le donne “abusate” diventano tre

Si sono affievolite le esigenze cautelari e al neuropsichiatra sono stati concessi i domiciliari

PALERMO – La scarcerazione è del 3 giugno scorso. Sono stati concessi gli arresti domiciliari al neuropsichiatra di Palermo Marcello Grasso, 70 anni, (fratello di Pietro, ex presidente del Senato) accusato di violenza sessuale nei confronti di tre sue pazienti.

Inizialmente il medico era stato denunciato da una donna, poi è arrivato il secondo caso che aveva fatto scattare una nuova ordinanza di custodia cautelare. Infine una terza donna, quando la notizia dell’arresto è divenuta di dominio pubblico, si è fatta avanti e ha raccontato la sua esperienza del passato.

La scarcerazione è stata decisa è del giudice per le indagini preliminari Clelia Maltese, secondo cui si sono affievolite le esigenze cautelari. La prova è stata cristallizzata nel corso dell’incidente probatorio del 24 maggio. Le pazienti hanno confermato tutte le accuse. A questo punto non c’è più il rischio di inquinamento probatorio e per evitare un’eventuale reiterazione del reato sono stati ritenuti sufficienti gli arresti domiciliari.

La linea dei difensori, gli avvocati Vincenzo Lo Re e Fabrizio Biondo, che non rilasciano alcuna dichiarazione, resta quella di sempre: nessuna violenza sessuale, ma percorsi terapeutici condivisi.

L’inchiesta è partita, appunto, dalla denuncia di una paziente che ha raccontato di avere subito pesanti palpeggiamenti nelle parti intime. Durante le sedute le veniva fatto indossare un costume di burlesque nello studio del medico in via Pasquale Calvi, dove sarebbero avvenuti gli abusi. Storia molti simili sono state riferite dalle altre due donne. Sono tutte ex studentesse.

Il medico, secondo l’accusa, avrebbe approfittato della loro condizione di disagio psicologico. Proponeva un percorso “sensoriale” per “superare i problemi”, ma in realtà sarebbero stati dei palpeggiamenti.

Gli investigatori della squadra mobile, dopo la prima denuncia, avevano piazzato una telecamera nello studio del professionista.


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