Da assassino sedicenne a "capomafia" con il reddito di cittadinanza

Da assassino sedicenne a “boss” con il reddito di cittadinanza

Chi è Carmelo Bontempo considerato l'uomo forte di Cosa Nostra a Caltanissetta

PALERMO – Ne ha fatto di strada Carmelo Bontempo dal quel 1995 di sangue. Oggi, all’età di 43 anni, guiderebbe la Cosa Nostra di Caltanissetta. Ne aveva appena sedici quando imbracciò un fucile. Freddo e spietato non lasciò scampo al diciottenne che gli aveva mollato uno schiaffo in discoteca per difendere la sua ragazza.

Bontempo fece finta di farsi scivolare addosso l’affronto. Poi lo convocò nei pressi del cimitero. Aveva nascosto un fucile tra i cespugli. Due colpi raggiunsero ai genitali Walter Maniscalco, così si chiamava la vittima. Il colpo di grazia, invece, fu sparato alla testa. Come fanno i killer, ed invece Bontempo aveva appena sedici anni.

Arrivò la condanna e nel 2006 la scarcerazione grazie a un inaspettato indulto. Appena scarcerato nuovi guai. Lo fermarono assieme a Giovanni Puzzanghera, arrestato pure lui oggi nel blitz della squadra mobile di Caltanissetta. Avevano due chili e settecento grammi di cocaina. Bontempo finì di nuovo in carcere fino al dicembre 2011. I quindici ani in cella lo hanno tenuto lontano da tutto e anche dai radar dei pentiti che di lui nulla sapevano. Scavando è venuto fuori che faceva parte del gruppo di carusi agli ordini del boss ergastolano Giovanni Gelsomino.

Ufficialmente Bontempo vive con 290 euro di pensione di invalidità e grazie al reddito di cittadinanza. Ed invece, come lui stesso diceva, si godeva “la bella vita” con cene al ristorante da “300 euro”.

Il suo uomo più fidato sarebbe Puzzanghera che quando la Procura di Caltanissetta gli notificò una avviso di conclusione delle indagini (non ci fu richiesta di misura cautelare perché allora non c’era l’attualità delle esigenze cautelari) mostrava disprezzo per gli sbirri: “Ci metti na bumma, tutti all’aria sti cornuti e infami bastardi”.

Temevano il peggio dopo l’avviso. Non c’era altro tempo da perdere. E così il 4 marzo scorso -ed ecco le nuove esigenze cautelari – convocarono un summit nell’abitazione di campagna di Fabio Meli. Oltre a Puzzanghera, c’erano Carmelo Antonio Bontempo, lo stesso Fabio Meli e Francesco Zappia. E c’erano pure le videocamere e le microspie degli agenti della squadra mobile, guidata da Antonio Ciavola.

Bontempo dettò la linea: bisognava accumulare più denaro possibile in vista della futura e certa carcerazione: “Ah ma fa sordi Cicciu”, diceva Buontempo a Zappia che rispondeva signorsì perché “l’orgoglio mio questo è”.

Bontempo si è fatto largo e sarebbe arrivato al vertice, come lui stesso confermava intercettato nel marzo scorso: “… ringraziando a Dio dalla vita non voglio niente, voglio avere quello che ho avuto da quando sono uscito”.

Per fare soldi, tanti soldi, e in fretta l’unica strada è la droga. Bontempo avrebbe organizzato le piazze di spaccio e comprato fiumi di cocaina. L’ultima partita sarebbe stata acquistata da un catanese, Gino Gueli. Venticinquemila euro in contanti per rifornire di polvere bianca clienti facoltosi. C’era la fila dei professionisti dai pusher agli ordini di Bontempo.

“Sono quindici anni che aspetto che esce”, diceva Puzzanghera del suo capo. Ora sono di nuovo entrambi in carcere.


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