Coltellate per uno sguardo a una ragazza: cugini condannati

Coltellate per uno sguardo a una ragazza: cugini condannati

Il tentato omicidio avvenne in spiaggia a Cinisi

PALERMO – Uno sguardo di troppo e un ragazzo fu raggiunto dalle coltellate. A sferrarle sarebbero stati i cugini Alberto e Filippo Mulè, condannati a 6 anni e 8 mesi ciascuno dal giudice per l’udienza preliminare Cristina Lo Bue per il tentato omicidio di Pierpaolo Celestre, appena maggiorenne.

I fatti avvennero il 7 settembre del 2019 sulla spiaggia di Magaggiari a Cinisi. Alla vittima, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Paola Polizzi, è stata riconosciuta una provvisionale di 15 mila euro. Il danno definitivo sarà stabilito in sede civile.

Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e i sostituti Ludovica D’Alessio e Felice De Benedittis avevano chiesto una condanna a 10 anni di carcere.

I cugini Mulè sono sono coinvolti anche nella tragica vicenda culminata nell’omicidio di Paolo La Rosa, ucciso a coltellare davanti alla discoteca “Millenium” di Terrasini, il 24 febbraio scorso,

“Filippo Mulè, unitamente ai suoi complici, dopo avere sorpreso la vittima alle spalle ed averla accerchiata, sferravano diverse coltellate che non attingevano la vittima agli organi vitali per pura fatalità”, così scrivevano i carabinieri. Celestre, insieme ad alcuni amici, arrivò alle due di notte al Coral, un chiosco sulla spiaggia di Mamaggiari a Cinisi. Qui fu accerchiato da una decina di ragazzi. Uno di questi mentre lo colpiva mentre diceva: “Ti ricordi di me”.

Celestre all’inizio disse di essersi ferito in un un incidente stradale. Prima di lasciare l’ospedale ricordò di avere avuto una discussione durante il Carnevale di Cinisi perché si era avvicinato a una ragazza. Di più non disse. In realtà conosceva bene i suoi aggressori.

Il telefono della madre della vittima finì sotto intercettazione. Anche la donna condivideva la linea del silenzio adottata dal figlio: “Meglio perdere che straperdere nella vita… e poi invece di prendere il coltello prende la pistola… è inutile che mi ci metto a camurria ogni cinque minuti a dire Pierpaolo diglielo… certe volte per il quieto vivere, nella vita così è fatta”.

Qualcuno, però, era andato a “stuzzicare a casa” la donna che “ho tenuto calmi i ragazzi, te lo immagini a temere a bada tutti i ragazzi… a dire ragazzi non reagite… si deve dare una calmata inutile che manda le minacce”.

E così nei giorni successivi la madre di Celestre cercò di ripianare la faccenda da donna a donna, parlando con una zia di Filippo Mulè. Ecco la conversazione da cui emergeva una situazione di degrado e omertà: “Dice che lei voleva parlare con me? Lei è la mamma di quel ragazzo?”; “… io sono la zia di Filippo”; “.. è giusto che lei avvisa a sua sorella che si guardi bene a suo figlio e che gli dà una giusta ridimensionata… ma lui ha pestato i piedi a persone… quindi prima o dopo lo sa… quando poi gli gonfiano a certe persone… parliamoci chiaro”; “… noi dobbiamo levare la cosa di mezzo”; “Io sono sotto choc di quello che è successo… un ragazzo di diciotto anni con sei coltellate per una futile taliatina… ma abbiamo bestie, che cresciamo figli”; “Queste coltellate gliele ha date Filippo”; “Signora ascolti non sono cose che si chiacchierano per telefono”; “Filippo ci è andato alle spalle e Filippo la cosa l’ha fatta premeditata, perché ha aspettato che mio figlio quello grande di venticinque anni era partito, perché quello che mio figlio è in America continua a ribadire che se lui era qua Filippo non si permetteva a fare questo, invece Filippo ci è andato alle spalle con venti ragazzi… e mio figlio parando sempre il sedere a Filippo gli dice è stato un incidente fra macchina e motore… quelli che erano fessi…”.

Dal racconto della madre di Celestre su Mulè emergerebbe la figura di un piantagrane: “…lui signora suo nipote il venerdì combinò quello a Terrasini, il sabato a Balestrate ne ha combinata un’altra, la domenica ad Alcamo”. Infine la zia di Mulè cercò di mettere a poto le cose: “Noi altri ai ragazzi ci dobbiamo fare fare pace… io ora riferisco a mia sorella questa sera appena vado a casa, ci prometto che la faccio chiamare”.

Qualche giorno dopo fu il nonno di Mulè a contattare la madre di Celestre: “… se ci possiamo incontrare… questa storia deve finire… sono addolorato dispiaciuto di tutta questa storia… ci possiamo bonariamente parlare.. parliamo di persona e vediamo che Dio ci aiuti quello che possiamo fare”.

Nel frattempo proseguivano le indagini. I carabinieri convocarono di nuovo la vittima e gli mostrarono un fascicolo fotografico. C’era anche l’immagine di Filippo Mullè, ma il giovane disse di non riconoscere nessuno. Stessa cosa la madre.

Intanto covava un sentimento di vendetta. Ad un amico, Matteo, che gli diceva “c’è di andare a spararli tutti nelle gambe… prenderli e attaccarli in una sedia”, Celestre diceva: “Tempo al tempo, tutte cose si fanno… neanche devono soffrire”.


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