CATANIA – Ergastolo e sei mesi di isolamento. Pena durissima per Alfio Ambrogio Monforte quella inflitta dalla Corte d’Assise di Catania, presieduta dal giudice Sebastiano Mignemi. Il boss di Biancavilla del clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello è finito alla sbarra perché accusato di essere il killer di Alfredo Maglia, ammazzato nel suo garage il 23 ottobre 2013. Un omicidio da cui esplose una lunga scia di sangue tra Biancavilla e Adrano. La ricostruzione accusatoria frutto dell’inchiesta coordinata dal pm Andrea Bonomo ha dunque convinto i giudici dell’Assise. Certo per capire le precise valutazioni sarà importante leggere le motivazioni.
I tre pentiti
Uno dei punti focali del dibattimento sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Graziano Balsamo, Dario Caruana e Giuseppe Liotta. I tre pentiti avrebbero raccolto le confessioni dell’imputato. Ma c’è anche un video che ha registrato alcune fasi del fatto di sangue.
La faida
Al centro del delitto una faida mafiosa intestina al clan di Biancavilla. Ed erano già pronte le vendette. Monforte doveva essere ucciso: solo le indagini della polizia hanno permesso di bloccare il gruppo di fuoco ed evitare altri omicidi.
La difesa
Battagliero il difensore di Monforte, l’avvocato Francesco Antille: “Aspettiamo motivazioni con rispetto per proporre un appello adeguato. Ma siamo molto preoccupati per i diritti della difesa perché riteniamo che le prove sopravvenute e decisive scoperte dall’imputato e riguardanti il suo alibi dovevano essere acquisite salva ogni loro valutazione. Invece la prova si arresta sui collaboratori che secondo noi hanno mentito e si sono smentiti in diversi passaggi del loro racconto. Si tratta di collaboratori che non hanno partecipato al fatto e che si limitano a dire che l’imputato avrebbe confessato loro il delitto. Ma su questo, sempre secondo la difesa, non vi è un riscontro oggettivo”.