Mafia, quella "storia di Natale" che mette nei guai il boss - Live Sicilia

Mafia, quella “storia di Natale” che mette nei guai il boss

Caporrimo racconta la tentata estorsione ai danni del proprietario di alcuni parcheggi nel cuore del capoluogo dell'Isola

PALERMO – A Natale in casa Caporrimo si raccontano le storie del passato. E quando alla famiglia appartiene un pezzo da Novanta di Cosa Nostra come il boss Giulio, il capo del mandamento di Tommaso Natale a Palermo, arrestato ieri nell’operazione antimafia Bivio 2, può finire che quei ricordi, captati dalle microspie dei carabinieri, finiscano per mettere nuovamente nei guai il “narratore”. E’ proprio il 24 dicembre del 2019 alle 23 circa che i carabinieri scoprono la tentata estorsione ai danni del proprietario di alcuni parcheggi nel cuore del capoluogo dell’Isola. Risale a nove anni prima.

Racconti “divertenti” nella notte di Natale
Nella Capitale del pizzo correva l’anno 2010. Il capomafia la racconta come una storia quasi divertente, attorno al focolare domestico in quel di Firenze, dove aveva deciso di trasferirsi per qualche mese. Nel sottofondo, ricostruisce l’ordinanza, il vocìo di alcune donne che si occupano dei bambini. L’imprenditore palermitano lo aveva contattato attraverso il suo autista e lui aveva accettato di incontrarlo. Una volta giunto nel garage, questi aveva iniziato a parlargli di come le altre famiglie mafiose gli avessero chiesto 5 mila euro per la messa a posto, soldi che sarebbero serviti per “i carcerati del centro”, riferita ai posteggi del centro città. Una richiesta da cui l’imprenditore sperava di essere esentato grazie all’intervento di Caporrimo; ma lui, al contrario, dopo aver saputo delle floride condizioni economiche dell’imprenditore, proprietario di parcheggi e di una barca di riporto ormeggiata presso il porticciolo esclusivo di Villa Igiea, ha finito per chiedergli altri soldi.

Le parole intercettate: “Hai la barca e ti confondi a pagare 5 mila euro?”
Ne parla così: “Aveva venti metri di barca, gli dico: “Dove la tieni?”. Dice: “A Villa Igiea”. E dico: “Minchia e ti confondi a pagargli cinquemila euro per aiutare i carcerati qua a centro? Ma da questa zona qua quanti ne hai (parcheggi, ndr.)? Comincia a vedere quanti ce ne devi dare a noi. Minchia l’ho ammazzato”. Poi però, dopo aver fatto due conti, avrebbe mostrato clemenza, mettendo in chiaro però che riguardo a ciò che lui “doveva” alle altre famiglie, in realtà, non avrebbe potuto farci niente.

L’accusa di tentata estorsione e l’autista scagionato in questa fase
L’accusa di tentata estorsione, risalente al periodo tra il 2010 e il 2011, adesso è contestata sia a Caporrimo che al suo autista. Per l’autista, va precisato, era stato chiesto l’arresto con questa sola ipotesi di reato, ma il Gip ha respinto la richiesta in quanto “non emergono elementi che permettano di ritenere integrato un effettivo coinvolgimento dell’autista dell’indagato, il quale, benché autista del Caporrimo, non può ritenersi necessariamente a conoscenza delle vicende sottostanti alla richiesta di incontro, nè in alcun modo legato alla autonoma richiesta estorsiva che il capomafia formula inaspettatamente (…), ma che poi lascia cadere”.


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