Ponte Corleone, mancano i soldi: storia di un’incompiuta - Live Sicilia

Ponte Corleone, mancano i soldi: storia di un’incompiuta

Vent’anni di ritardi, progetti e fondi ormai persi

PALERMO – Code, incolonnamenti, cantieri, restringimenti, limiti di velocità ridotti, autovelox. Il ponte Corleone è ormai diventato un incubo per i palermitani, costretti ad attraversarlo percorrendo viale Regione Siciliana e ormai abituati a dover fare i conti con un gigante dai piedi d’argilla. Perché il ponte, che da sessant’anni sovrasta il fiume Oreto e collega la città alla sua periferia, è da almeno due decenni al centro di polemiche, progetti sfumati e fondi “persi” tra le pieghe della burocrazia.

L’ultima puntata di quella che è ormai diventata un’amara soap-opera risale allo scorso febbraio, quando i vigili del fuoco, con una relazione che ha fatto saltare sulla sedia i tecnici del Comune, hanno costretto a ridurre le carreggiate del ponte in tutti e due i sensi di marcia chiudendo i marciapiedi e una porzione della corsia per le automobili. Una tegola piovuta dritta sulla testa del sindaco Leoluca Orlando e della sua giunta che, quasi d’improvviso, si sono ritrovati a dover gestire una circolazione che è andata praticamente subito in tilt.

Palazzo delle Aquile ha provato a correre ai ripari: usando gli ultimi 100 mila euro del vecchio accordo quadro, quello del 2015, ha effettuato alcuni interventi urgenti e si è affidata a tecnici esterni per realizzare nuove rilievi sul ponte e sperare così di dimostrare che la situazione non è così catastrofica. L’ipotesi al momento più accreditata è quella del docente universitario Marcello Arici che prevede una sola corsia per senso di marcia, ma percorribile a 60 chilometri orari contro i 30 attuali.

Il precedente del 2018

Un copione che per i palermitani non è però una novità. Perché già nel 2018 in città era scoppiato l’allarme sul ponte Corleone, con tanto di servizi sulle tv nazionali, polemiche, scontri in consiglio comunale e una conferenza stampa del sindaco Leoluca Orlando convocata per presentare gli interventi e i progetti del Comune su tutti i ponti e sottopassi della città. E già tre anni fa l’amministrazione comunale aveva realizzato interventi sui giunti e sulle acque meteoriche, con tanto di cantieri svolti di notte (e smontati la mattina seguente) per non intralciare la circolazione. “Interventi che rientravano in un quadro più ampio che comprendeva anche altri ponti e sottopassi – dice a Livesicilia Emilio Arcuri, che nel 2018 era assessore alla Rigenerazione urbana e che replica così alle dichiarazioni dell’attuale assessore Maria Prestigiacomo – e su cui l’amministrazione comunale ha mantenuto alta la guardia. Ricordo, se qualcuno lo avesse già dimenticato, che il Comune ha sempre avuto ben presente la necessità di realizzare le opere sul Corleone impegnandosi in questa direzione; se oggi si possono spendere i 100 mila euro è proprio grazie all’accordo quadro di alcuni anni fa”.

Peccato che l’accordo quadro del 2018, quello da 2,8 milioni di euro da finanziare con una rimodulazione delle economie di mutui della Cassa depositi e prestiti, ad oggi non sia ancora partito. Un iter burocratico lungo, praticamente infinito, che secondo l’amministrazione ormai sarebbe alle battute finali ma che è durato talmente tanto da aver fatto ripiombare il capoluogo siciliano nell’incubo di un traffico letteralmente impazzito e senza valide alternative.

Ci sono i progetti, ma non i soldi

E dire che di interventi sul ponte Corleone ne servirebbero addirittura due. Il primo riguarda il raddoppio del ponte, cioè il collegamento delle corsie laterali della circonvallazione che eviterebbe l’imbuto che si crea con l’immissione delle vetture sulla carreggiata centrale; il secondo invece prevede l’adeguamento dell’attuale ponte, che come detto ha più di 60 anni, alle nuove norme, il che consentirebbe peraltro di riportare il limite di velocità a 70 chilometri orari. Un progetto, quest’ultimo, realizzabile col raddoppio che eviterebbe così di interrompere la circolazione sulla principale strada della città. Il Comune, a corto di tecnici tra pensionamenti e mobilità, ha deciso di cercare un’alternativa siglando un protocollo d’intesa con il Provveditorato delle opere pubbliche e l’Anas: l’amministrazione Orlando ha così preferito affidarsi alla holding del Mef che dovrebbe occuparsi della progettazione e della realizzazione degli interventi, con tanto di firma sulla convenzione per la messa in sicurezza del ponte.

C’è però un problema: non ci sono i soldi. O meglio, ci sono quelli per la progettazione ma non quelli per le opere che vanno ancora cercati, col rischio che nelle more di convincere il governo nazionale a stanziarli potrebbero cambiare ancora le norme, costringendo poi a un adeguamento del progetto. “Ad oggi non è prevista una modifica delle norme – dice l’assessore Maria Prestigiacomo – e comunque si tratterebbe di limitarsi ad aggiornare un progetto già esistente”.

Il paradosso dei fondi

Il punto è che i soldi, almeno per il raddoppio, c’erano ed erano stati stanziati, con tanto di appalto alla Cariboni: una vicenda nota e dall’epilogo disastroso, visto che il Comune rescisse il contratto (vedendosi dare ragione anche in sede di giudizio, con tanto di rimborso da due milioni di euro). Fondi ex Agensud (11,6 milioni su un totale necessario di 17) di cui si è tornato a parlare all’epoca del Patto per Palermo firmato dal Comune col governo Renzi: nel Patto c’erano i soldi per la progettazione visto che dal ministero dei Trasporti arrivò la rassicurazione, anche se verbale durante una riunione a Palazzo Chigi alla presenza di Claudio De Vincenti, che i soldi per l’opera erano ancora disponibili. Peccato che alle due lettere inviate dal Comune per avere formale conferma dei fondi non sia mai arrivata alcuna risposta, fino a che nel 2020 il Mit ha ammesso che i capitoli di bilancio sono desolatamente vuoti (ammesso che i soldi ci siano mai stati davvero, visto che per la Cariboni arrivò solo la prima tranche dei pagamenti).

Il commissario? Nessuno lo ha visto

Ciliegina sulla torta, il governo Draghi ha inserito il ponte Corleone tra le opere prioritarie per il Paese e ha pertanto nominato un commissario, cioè il dirigente dell’Anas Matteo Castiglioni. Tra ratifica del Parlamento e controlli della Corte dei Conti ci vorrà ancora qualche settimana prima che il commissariamento diventi effettivo, ma il paradosso è che Castiglioni dovrà di fatto prendere in mano un appalto di cui (secondo il protocollo d’intesa firmato dal Comune) dovrebbe occuparsi Anas, cioè la società di cui Castiglioni è un dirigente, e che a risolvere il problema dovrà essere lo stesso ministero che non ha stanziato i fondi.


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