Di Pietro condannato per diffamazione: Falcone, Cuffaro e il VIDEO - Live Sicilia

Di Pietro condannato per diffamazione: Falcone, Cuffaro e il VIDEO

La decisione dei giudici.
LA SENTENZA
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PALERMO – Nel 1991, durante la famosa trasmissione Samarcanda con Maurizio Costanzo e Michele Santoro e dedicata a Libero Grassi, Totò Cuffaro non screditò né Falcone né la magistratura e Antonio di Pietro, autore di un post contro l’ex presidente della regione, è stato condannato per diffamazione (anche) in appello. A dirlo, nero su bianco, è una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che conferma la condanna in primo grado nei confronti dell’ex PM di Mani pulite che nel 2009  – appunto -aveva linkato un video presente sul portale Youtube intitolato “Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone”. Il video riproponeva uno spezzone della trasmissione televisiva aggiungendo in coda una serie di commenti contro Cuffaro.

“Non si evince – recita la sentenza confermata in secondo grado – un attacco diretto di Cuffaro nei confronti del giudice Falcone. Ed anzi, appare plausibile, alla luce dei riferimenti operati dallo stesso Cuffaro nel medesimo intervento ad un “giudice… che prima è andato in America, poi si è ammalato… ora chiede trasferimenti….” […], la ricostruzione attorea secondo cui il bersaglio delle citate critiche non era il giudice Falcone». Ma andiamo ai fatti del 26 settembre del ’91: nel salotto del Maurizio Costanzo show si parlava di mafia e colletti bianchi e ospiti della serata erano, tra gli altri, Giovanni Falcone, Claudio Fava e Rita Dalla Chiesa. Cuffaro, allora giovane deputato democristiano, intervistato da Michele Santoro, difese strenuamente il suo segretario regionale Calogero Mannino, sferzando un attacco violentissimo contro quel “giornalismo mafioso” che accusava l’ex ministro Dc. Secondo la cronaca della serata, che riprendeva i contenuti di un avviso di garanzia, Mannino intratteneva rapporti con la mafia e, per tale ragione, era stato indagato e poi archiviato dalla procura di Trapani.

“E’ in atto una volgare aggressione nei confronti della classe dirigente migliore della nostra isola – esclamò Cuffaro – il giornalismo mafioso che è stato fatto stasera fa più male di dieci anni di delitti”. L’ex presidente della regione per anni ha affermato che il suo attacco non era mai stato indirizzato a Giovanni Falcone, bensì al titolare dell’inchiesta contro Mannino, l’ex sostituto procuratore di Trapani Francesco Taurisano. Il giudice, poi trasferito dal Csm, aveva formulato l’accusa al segretario della Dc sulla base di dichiarazioni del collaboratore di giustizia Rosario Spatola “poi smentito da Paolo Borsellino che ne delegittimò la credibilità”. Nella memoria collettiva Cuffaro, poi condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento alla mafia, accusò ingiustamente alcuni autorevoli giornalisti e offese il giudice Giovanni falcone, poi barbaramente ucciso nella strage del 1992.

Oggi con una sentenza di un giudice, che nega anche l’immunità parlamentare ad Antonio Di Pietro, si precisa che l’attacco del Cuffaro non è diretto alla “magistratura” nel suo complesso, bensì a un singolo magistrato … e più esattamente al giudice Taurisano, resosi artefice, secondo il Cuffaro, di indagini fondate su dichiarazioni non riscontrate di un pentito, la cui credibilità sarebbe stata in seguito sconfessata. Benché, infatti, nel corso dell’intervento del Cuffaro, sovente venga inquadrato Giovanni Falcone, insieme agli altri noti ospiti (come Claudio Fava e Rita Dalla Chiesa, accomunati entrambi dalla perdita del loro genitore per mano mafiosa), al fine di catturare le reazioni connesse all’intervento irruente del Cuffaro, il tenore delle espressioni utilizzate da quest’ultimo induce ad escludere in radice qualsivoglia personale attacco indirizzato nei confronti del magistrato”.


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