Palermo, i cocchieri replicano agli animalisti: "Amiamo i nostri cavalli" - Live Sicilia

Palermo, i cocchieri replicano agli animalisti: “Amiamo i nostri cavalli”

Giuseppe Urso difende la categoria: "I due cavalli caduti al suolo pochi giorni fa sono solo scivolati e stanno bene. Per noi sono come familiari"
CARROZZE TURISTICHE
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PALERMO – Martedì gli animalisti erano scesi in piazza per chiedere di rispettare i cavalli che trainano le carrozze della città dopo un paio di episodi in cui dei cavalli erano stramazzati al suolo. Guidati dall’attivista Enrico Rizzi, denunciavano la caduta di due animali, nei giorni precedenti, per il caldo.

Ma i cocchieri non sono d’accordo a passare per coloro che maltrattano gli animali. Giuseppe Urso vuole fare chiarezza in difesa dell’intera categoria. “I due cavalli protagonisti in questi giorni di due incidenti sono soltanto scivolati e ora stanno bene – dice -. I nostri cavalli sono controllati, ben nutriti e stanno all’ombra quando è possibile. Noi facciamo delle corse di un’ora, in cui sono previste soste al riparo dal sole. Se non lo facessimo, non potremmo nemmeno andare avanti. Lavoriamo nel rispetto delle regole: maltrattare i cavalli significa maltrattare noi stessi. Li sosteniamo in inverno e in estate con le nostre forze e fanno parte della nostra famiglia”.

Il conducente si rivolge poi agli animalisti, accusandoli di avere offeso la città e i suoi turisti. “Non serve che ci dicano che i cavalli devono mangiare o bere: lo sappiamo perfettamente. Sono con noi da anni e finiremo i nostri giorni con loro. Se non li avessimo noi, sarebbero finiti al mattatoio”.

A Enrico Rizzi chiede di ravvedersi e di “smentire la notizia della morte dei due cavalli perché strapazzati dal caldo: è falsa. Sono vivi e vegeti. Ognuno cerca di portare acqua al suo mulino, ma non si deve essere scorretti. Ha diffamato Palermo”. 

E la sua proposta di aiutarli a sostituire le carrozze con mezzi elettrici gli sembra surreale. Urso conclude con un appello alla tradizione. “La nostra è una delle categorie più antiche, esiste dal Seicento. È un lavoro che si tramanda di padre in figlio. Prima di criticare bisognerebbe informarsi”.


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