La carta di credito fu hackerata, banca condannata a risarcire - Live Sicilia

La carta di credito fu hackerata, banca condannata a risarcire

Nel 2019 un professionista si accorse di una transazione di quasi 3mila euro mai autorizzata

PALERMO – Il giudice di pace della terza sezione civile di Palermo, Antonino Lazzara, con la sentenza n. 2179 ha condannato una banca a rimborsare un correntista dei soldi che un hacker – con il sistema del phishing e smishing – gli aveva sottratto dalla carta di credito. Il cliente, un professionista palermitano, il 2 dicembre 2019 aveva ricevuto sul proprio cellulare la notifica di una transazione di 2.724,93 euro effettuata con la propria carta di credito. Non avendo mai autorizzato alcun pagamento, il professionista ha seguito la procedura contattando immediatamente i numeri di telefono indicati nel messaggio e riuscendo a bloccare la carta, ma per l’operatore della banca, la Unicredit, la transazione contestata era ormai irreversibile.

Temendo che potessero esserci altre operazione simili, il correntista ha deciso di controllare l’estratto conto notando che erano state effettuate altre transazioni, anche se di pochi euro, senza mai aver ricevuto dalla banca alcuna notifica. Così, dopo avere sporto denuncia alla polizia di stato, il professionista ha inoltrato un reclamo a UniCredit, che dal canto suo, dopo avere comunicato l’accredito degli importi contestati, il 17 gennaio 2020 ci ha ripensato e con una mail ha comunicato lo storno del rimborso, riprendendo le somme con la seguente motivazione: “Le operazioni contestate sono state poste in essere attraverso la tecnologia 3DS che prevede l’utilizzo di password usa e getta generate dal dispositivo mobile token Unicredit pass/sms token e che pertanto possono essere conosciute solo dallo stesso titolare”.

Il giudice di pace ha accolto integralmente la tesi degli avvocati del correntista, affermando che la banca non ha posto in essere “quella diligenza tecnica che, fisiologicamente, deve connotare l’attività del banchiere affinché possa venire qualificato accorto”. “La vicenda – spiega l’avvocato Alessandro Palmigiano che ha assisto il correntista insieme ai colleghi Monica D’Angelo e Mattia Vital – si inserisce nell’ambito delle numerose truffe a danni di consumatori e imprese in cui spesso però l’utente che subisce il furto di dati o di denaro deve fare i conti anche con un groviglio normativo in cui è difficile districarsi”.


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