Palermo e i politici dello sfascio: avete fallito tutti

Palermo e i politici dello sfascio: il tempo è scaduto

Cronaca di una catastrofe.
LA DERIVA DI UNA CITTA'
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Se, negli ultimi anni, siete stati amministratori, consiglieri, di maggioranza o di opposizione, al Comune di Palermo, avete fallito tutti. E lo scriviamo sapendo che, a Palazzo delle Aquile e dintorni, ci sono fior di persone perbene, competenti e impegnate. Alcuni si sono impegnati allo spasimo per trarre la città fuori dall’abisso, soffrendo anche molto, e non ci sono riusciti. Altri se ne sono fregati e stanno già conteggiando i fedelissimi e i voti in vista delle elezioni.

Però, è lo sguardo d’insieme che offre lo spaccato di una retrocessione annunciata. Ecco perché i palermitani non vedono l’ora che ve ne andiate tutti. Ecco perché gli alibi sull’inciviltà non attaccano: vabbè, Palermo non è Oslo. Lo state scoprendo ora? Ecco perché, in modo urbano, garbato e sincero, erompe quel sentimento dell‘itivinni.

Che non è rabbia, non soltanto, almeno, ma pacata conseguenza di una riflessione. Il quadro è desolante e appare inutile, quasi beffardo, l’elenco delle urgenze drammatiche e irrisolte. C’è un sindaco che non ha il controllo della realtà che amministra e che sta percorrendo, mestamente, il viale del tramonto della sua epica: è lui il principale responsabile. E poi c’è una classe politica che ha fallito con lui. Chi ha accompagnato questo tramonto, al fianco del primo cittadino, non ha saputo fungere da stimolo critico che correggesse la rotta di un disastro. Chi lo ha avversato, spesso, ha semplicemente distrutto ogni dettaglio, mescolando il (tanto) male e il (poco) bene in una generica condanna a cui, verosimilmente, non interessava la risoluzione dei problemi, ma il guadagno sull’altrui insipienza.

In ogni caso, sia il sindaco, sia quelli che si sono riparati alla sua ombra – e ci mettiamo pure quelli che lo hanno incensato per il suo potere e adesso si apprestano a scendere dalla nave che affonda – sono stati i protagonisti di un crollo colossale. Chi scrive non potrà mai dimenticare gli occhi di quel padre, al cimitero dei Rotoli, davanti alla bara insepolta e accatastata di suo figlio. Il volto della disperazione che subiva un aggravamento della tragedia. E come si potrebbe dimenticare?


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