Se l'infettivologo lascia i social: "Basta con la guerra dei vax" - Live Sicilia

Se l’infettivologo lascia i social: “Basta con la guerra dei vax”

Bruno Cacopardo, medico in prima linea, stacca la spina al suo account Facebook.

CATANIA – Un addio. O, forse, soltanto un arrivederci. Bruno Cacopardo, direttore di uno dei reparti in prima linea contro il Covid 19, cioè l’unità operativa complessa malattie infettive dell’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania, stacca la spina al suo account Facebook. Un modo netto per non essere travolto dalle macerie di quella che sta divenendo sempre di più una guerra nella guerra: lo scontro senza esclusioni di colpi tra no-vax e pro-vax. Una protesta, quella del primario, che vale quanto un appello disperato e che forse asseconda la richiesta di quegli scienziati che ritengono dannoso quell’insopportabile sciame di polemiche e nitriti che da più di un anno accompagna le fasi della pandemia. “Chiunque si ponga come obiettivo il ritorno ad un accettabile stato di comune benessere – scrive l’infettivologo sui social prima di lasciare il campo – dovrebbe ragionare, piuttosto, pacatamente sulle modalità di eliminazione o quantomeno di attenuazione della pandemia”. 

Missione medica

Cacopardo crede che sia arrivato il momento di abbassare il volume del dibattito per puntare esclusivamente ai fondamentali della missione medica. Senza voler persuadere nessuno. Solamente agendo. “Personalmente – scrive – non ho alcun interesse a prevalere in una sfida dialettica contro chi è ostile al vaccino. Quando decisi di fare il medico non programmavo di convincere l’altrui delle mie ragioni, con lazzi e motteggi. Stimoli più nobili e universali mi muovevano allora. E, adesso che sono vecchierello e stanco, scelgo di contribuire alla soluzione di un problema, che è anche un mio problema”. 

Le ragioni profonde di una scelta che si legge con la lente d’ingrandimento di una normalità del tutto umana. “Similmente a qualsiasi no-vax – spiega Cacopardo – anch’io desidero, in tutta fretta, di tornare ad abbracciare e a baciare parenti e amici: adoro la promiscuità e non rifuggo lo svago. Voglio ballare (a rischio di un infarto e al ritmo della mia musica un po’ vintage), voglio sedermi al cinema o a teatro o tifare sui gradoni di uno stadio. Ma intendo farlo in sicurezza”. 

“I miei desideri di liberazione individuale e collettiva – scrive ancora l’infettivologo catanese – sono contrastati dalla realtà che sto vivendo: tutt’altro che virtuale. Probabilmente essa non è avvertita con precisione da chi, fuori dagli ospedali, si limita a percepire o a sfiorare gli eventi più drammatici proposti dalla quotidianità: un po’ come in quelle guerre, condotte sulle trincee di luoghi lontani, di cui giunge un’eco smorzata attraverso una serie di scomode conseguenze indirette (tasse, scioperi, brutte notizie sui giornali)”.

La prima linea

Cacopardo, nel suo ultimo intervento, snocciola i numeri su quanto avviene attualmente in corsia, dove i ricoveri dei non vaccinati superano di gran lunga quelli di chi ha ricevuto il siero. Ciò significa che anche chi ha messo a disposizione il braccio per le due dosi ha avuto bisogno delle cure mediche, ma in misura assai minore rispetto a chi per varie ragioni si è sottratto alla campagna vaccinale. “Piuttosto che scontrarci – scrive – dovremmo ragionare insieme di soluzioni, dovremmo perfezionare le terapie (su alcune delle quali si sono abbattuti oscuri ed inspiegabili veti) ma dovremmo anche far comprendere (con pazienza e moderazione) che il vaccino è sicuro e rappresenta una alternativa di prevenzione contro la malattia conclamata”. 

“Andrebbe chiarito che terapia e profilassi sono due strade, accidentate ma efficienti, che conducono parallelamente verso un medesimo obiettivo: vincere sulla epidemia”, spiega. “Attualmente al rischio pandemico sta di fianco il rischio (non meno preoccupante) di un aspro conflitto che coinvolge fasce diverse di popolazione. Uno scontro tra generazioni, professioni, ideologie – conclude Cacopardo – che sta trasformando la dialettica in litigio, il confronto in sberleffo, il ragionamento in preconcetto. Senza dimenticare che mentre litighiamo ottusamente, il virus ci sta sbaragliando, divertendosi a fare quello in cui riesce meglio: replicare e mutare”. 


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