Conti, rifiuti e bare: la grande fuga dei candidati a sindaco - Live Sicilia

Conti, rifiuti e bare: la grande fuga dei candidati a sindaco

Le emergenze che rendono poco ambita la corsa al Comune

PALERMO – Un Comune al dissesto, senza soldi, con le partecipate in crisi, la discarica piena e i cimiteri che scoppiano. Non si può certo dire che Palermo, al momento, goda di ottima salute e lo stato della città sta complicando le manovre dei partiti in vista delle elezioni del 2022.

Un appuntamento a cui, solitamente, si arriva col problema opposto: troppi pretendenti alla carica di sindaco, troppi candidati per una sola poltrona, troppi nomi tra cui fare sintesi. Del resto, indossare la fascia tricolore della quinta città d’Italia è sempre stato un sogno per tanti, spinti dalla voglia di usare Palazzo delle Aquile come trampolino di lancio per altre mete o coronamento di una carriera vissuta nelle istituzioni. Un ruolo di assoluto prestigio che nel tempo ha fatto gola a politici più o meno navigati o a tecnici col pallino della politica.

Un Comune al dissesto finanziario

Peccato che stavolta non stia andando così. Il comune di Palermo vive infatti uno dei momenti peggiori della sua storia recente, con un dissesto non più solo funzionale ma anche economico: le tasse incassate sono troppo poche e piazza Pretoria, per garantire i servizi, deve ricorrere alle anticipazioni di tesoreria e accantonare sempre più soldi. Decine, centinaia di milioni che ogni anno vengono messi da parte, in virtù delle regole di contabilità pubblica, e che quindi vengono sottratti alla capacità di spesa di un ente che ormai ha tagliato tutto il tagliabile e sta letteralmente raschiando il fondo del barile.

Per evitare il dissesto, il sindaco Orlando ha puntato tutto sulla procedura di pre-dissesto che evita il commissariamento ma implica un piano lacrime e sangue: 90 milioni l’anno per dieci anni da tagliare in un bilancio già all’osso e blocco di ogni procedura di spesa non prevista per legge, comprese quelle sul personale. L’alternativa è il dissesto e l’unica ancora di salvezza sarebbe rappresentata da un intervento del governo nazionale che però al momento non è arrivato. Se i conti dei comuni di Napoli o Roma sono stabilmente nell’agenda politica dei partiti, non si può dire la stessa cosa di Palermo e la causa è probabilmente il rapporto storicamente difficilissimo col Professore che, non a caso, da qualche mese ha sposato la causa del Pd di Enrico Letta.

Il disastro dei cimiteri

Ma i conti non sono l’unico problema. Per salvare le casse servirebbe una rigidissima lotta all’evasione fiscale (specie della Tari) che però è sempre impopolare, così come il futuro sindaco sarebbe costretto a dover affrontare sin da subito altri scottanti dossier. Il primo è quello dei cimiteri: il progetto del nuovo impianto di Ciaculli è ancora agli albori e peraltro neanche interamente finanziato, il nuovo forno crematorio solo un progetto e gli interventi in corso (come le tumulazioni a Sant’Orsola) un modo per prendere tempo ed evitare il peggio.

Poca differenziata, troppa immondizia

Poi ci sono i rifiuti, con Palermo che vanta una percentuale di raccolta differenziata che non arriva al 20%, ingombranti abbandonati in ogni angolo, strade sporche, Bellolampo ormai satura e l’unica speranza è rappresentata dalla settima vasca che però nel giro di qualche anno si riempirà. I centri di raccolta, su cui aveva puntato la Rap, non sono mai veramente decollati a causa del mancato sconto sulla Tari per chi differenzia e il progetto di espensione (un paio per quartiere) si è bloccato, così come sono fermi gli ulteriori step del porta a porta. La Rap è a corto di personale e vorrebbe assumere, ma il dissesto del Comune potrebbe bloccare le procedure lasciando l’azienda nei guai fino al collo; manca ancora la ricapitalizzazione, ci sono oltre 30 milioni di crediti da riscuotere dal Comune e i servizi persi (pulizia degli uffici giudiziari e manutenzione strade) hanno comportato 14 milioni di introiti in meno.

Il buco nero delle partecipate

Non che le altre partecipate stiano meglio. L’Amat batte cassa per oltre 100 milioni e il concorso per autisti non si è ancora concluso, Amap deve fare i conti con i problemi della depurazione, Reset aspetta da anni (e invano) un aumento del corrispettivo che non arriva e probabilmente non arriverà presto. Poi c’è la macchina comunale: l’età media dei dipendenti di Palazzo delle Aquile è elevata, i laureati sono pochi, manca personale specializzato e c’è un solo dirigente tecnico col concorso che dal 2017 a oggi è ancora alle prove scritte.

A.A.A., cercansi candidati disperatamente

Un quadro tutt’altro che roseo e che sta scoraggiando più di un pretendente alla poltrona di futuro sindaco di Palermo. Chi ha altre ambizioni teme che l’esperienza a Palazzo delle Aquile possa frenarne la carriera, chi non ha mai messo piede al Comune rischia di ritrovarsi travolto dai problemi senza neanche avere il tempo di prendere saldamente in mano le redini della macchina amministrativa. E a parte qualche rara eccezione, la corsa a sindaco sta subendo una brusca frenata: i candidati, o per meglio dire quelli di cui si parla nei corridoi della politica, stanno prendendo atto della situazione e la paura più diffusa è di ritrovarsi alla guida di un ente pubblico allo sbando, senza soldi e con enormi problemi sulle spalle diventando il parafulmine del malcontento dei palermitani. Un rischio che non tutti sembrano disposti a correre e che sta trasformando la ricerca dei candidati alla successione di Orlando più ardua del previsto.


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