Io, no vax salvata dal Covid, adesso dico grazie ai medici

Io, no vax salvata dal Covid, adesso dico grazie ai medici

La storia di una donna di 47 anni: "Ora dico a tutti: vaccinatevi".

PALERMO“Ero una no vax, ma proprio convinta. Magari non lo dicevo, ma rifiutavo il vaccino. Ho cambiato idea. In ospedale ho visto tantissimi non vaccinati e ancora di più umanità. Sono qui per raccontare la storia, per ringraziare i medici e quelli che curano la sofferenza e per invitare tutti a vaccinarsi”. Maria Grazia, 47 anni, ha una voce squillante. Il timbro luminoso di una persona innamorata della vita che alla vita è tornata dopo le ore dello spavento. E’ stata in ospedale, all’Infettivologia Covid del ‘Cervello’, e adesso, appunto, racconta la sua storia.

La sofferenza e i tamponi negativi

“Non ero vaccinata – racconta Maria Grazia -. Ho avuto dieci giorni di febbre, non sentivo odori e sapori. Primo tampone salivare a casa: negativo. Ma stavo sempre peggio. Secondo tampone rapido in ospedale: negativo. Mi fanno il molecolare. Ho il Covid, ti crolla il mondo addosso. Mi ricoverano al ‘Cervello’. Ho la polmonite al cinquanta per cento. Mi prende una crisi di panico, era appena morta una signora che aveva rifiutato le terapie. Ti disperi alla notizia. I medici, gli infermieri, gli operatori socio-sanitari, tutti sono stati meravigliosi. Adesso sono qui”.

La lettera di ringraziamento

Maria Grazia ha scritto una lettera di ringraziamento ai suoi ‘angeli’ della corsia, inviandola a tutti, compresi il ministro della Salute e l’Asp. Si legge: “In questo tempo, in questo Reparto di Malattie Infettive-Covid, ho visto tanta sofferenza, vite strappate dalla morte, anziani trascurati e abbandonati dalle famiglie, che arrivavano in ospedale in condizioni igieniche pietose e lì, non solo venivano curati, ma veniva restituita loro anche la dignità di essere umano/amato e tanta gente, molto anziana, che rifiutava le cure e il cibo perché non voleva “collaborare”. Quando si arriva al reparto Covid, in compromesse condizioni di salute, si sperimenta tutta la precarietà della vita terrena e soprattutto si prende coscienza che il virus è terribile e veloce. E’ una lotta contro il tempo, nella speranza che il corpo reagisca e i farmaci facciano effetto. Questo crea nell’ammalato uno stato di alterazione, confusione e disperazione. Io personalmente, ho sperimentato l’agitazione e l’ansia nell’apprendere che avevo la polmonite al 50%, ritenuta “importante” e che avrebbero monitorato l’evoluzione della malattia. Mi dicevano: “devi stare tranquilla”. Ma non è stato facile. Mi sono sentita sospesa in aria, senza più le mie umane certezze”.

“Credevo che gli anziani…”

Poi, la guarigione, la felicità e il ritorno alla vita. Racconta Maria Grazia: “Ho visto medici piangere, allargare le braccia e dire: ma come un altro non vaccinato? Ho visto infermieri e operatori, tutti, lavorare senza sosta. Ho visto angeli con il camice chinarsi sui letti e pregare e mormorare: io sono con te. Ho visto l’amore. Sono una persona di fede, mi sono affidata al Signore”. Nella lettera si legge: “Non immaginate con quanto amore e dedizione gli anziani vengono amati,
coccolati, imboccati e pregati pur di mangiare qualcosina perché purtroppo la spossatezza e l’inappetenza sono alleate alla malattia! Eppure “fuori” , prima di questa esperienza, sentivo e leggevo dei commenti e credevo che negli ospedali uccidessero gli anziani, selezionassero le vite, il personale sanitario fosse freddo e calcolatore…. Io ho visto una realtà diversa e adesso credo che molto spesso si parla a sproposito. Ho sperimentato anche il valore di un sorriso donato agli altri, di una canzoncina canticchiata alle anziane che gioivano e si muovevano come per ballare, tutto questo mi ha guarito insieme alle medicine, la gioia!”. Maria Grazia al telefono ride e si commuove: “Ringrazio la mia famiglia, mio marito e i miei figli. Che bello essere qui”. E che bello sentirti, Maria Grazia.


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