Tra ripartenza e crisi, Leo Gullotta: "C'è fame di teatro"

Tra ripartenza e crisi, Leo Gullotta: “C’è fame di teatro”

La fotografia scattata dall'attore di un settore ancora impantanato negli effetti della pandemia.

CATANIA – Una boccata di aria, senza dubbio, ma occorre ancora molto altro per fare ripartire il mondo dello spettacolo. Ne è convinto Leo Gullotta che, reduce dal successo del festival Barbablù di Morganina con il suo “Minnazza”, fa il punto su un mondo fortemente colpito dalla pandemia e ancora ferito. Nonostante la fame del pubblico che è tornato a riempire le sale.

Teatro, si riparte

“È stata una prima edizione del Barbablù festival fantastica – ci dice. Un incontro con il pubblico straordinario. Questo vuol dire che le persone hanno ancora voglia di incontrarsi con la riflessione. Soprattutto in questo momento. La gente vuol capire; c’è una grossa parte di pubblico che vuole capire”. Una possibilità, la presenza degli spettatori, data soprattutto dal vaccino che l’attore catanese definisce “luce importante”. “Dobbiamo riprendere questa questa buona abitudine – insiste – dobbiamo avvicinarci alla riflessione, non possiamo pensare come prima della pandemia, dobbiamo pensare tutto in un modo diverso”.

L’impatto della pandemia sullo spettacolo

Fermi da quasi due anni. La fotografia che Leo Gullotta scatta dell’attuale situazione in cui versa il mondo dello spettacolo è impietosa. Certo, qualcosa è ripartito, ma la stragrande maggioranza è ancora impantanato negli effetti della pandemia in attesa di un segnale che non arriva, “È molto semplice – spiega l’attore – il politico italiano non conosce la cosiddetta macchina dello spettacolo. È inutile che dicano si apre giorno tot: parliamo di spettacolo, musica, teatro, cinema, editoria. Non è una salsamenteria che alzi la saracinesca e tagli il prosciutto. Lo spettacolo ha bisogno di organizzazione”.

Pochi ristori: “80 mila famiglie ancora ferme”

Pochissimi i ristori per una popolazione che da due anni non lavora o non lo fa con regolarità. “Non hanno introiti – tuona Gullotta. Ottantamila famiglie sono ferme, tra attori, tecnici. Lo spettacolo ha ricevuto così, qualche pensierino”. L’assenza di grosse organizzazioni alle spalle, di chi possa “contrattare” con la politica, tra le cause indicate da Gullotta. “Evidentemente non abbiamo padri putativi – afferma – non abbiamo alle nostre spalle chi chiude le intese. Noautri semo isolati. Ogni tanto c’è un movimento di vita, di attori, tecnici, registi, autori ma niente da fare. Il Italia, nella maggior parte dei casi, si intende la sagra d’a sasizza e basta.

Sicilia, occorre un segnale

Cambiare tutto affinché nulla cambi. Cita il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Leo Gullotta quando, dal mondo dello spettacolo ci spostiamo in Sicilia, la sua terra. E dell’assenza di progetti di ampio respiro, culturali e non solo. “Non voglio cangiari. è tutto fermo” – dice. Prima c’era la preparazione, si dava valore alla cultura, al saper parlare italiano. Oggi la politica è fare affari: si parla ancora del ponte sullo Stretto e ancora non ci sono le strade. È raro quando accade qualcosa di diverso che c’è, ma è raro. Bisogna cercare di pensare. Ma oggi chi è che pensa? – si chiede. La mia domanda è stata sempre la stessa: ogni sindaco cosa vuole dare culturalmente ai propri cittadini? Non c’è segnale di nessun tipo”.


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