Boss ed esattrici del pizzo: Cosa nostra, le richieste di pena

Boss ed esattrici del pizzo: Cosa nostra, le richieste di pena

Il processo, abbreviato, scaturito dall'inchiesta dei carabinieri Juke Box.

CATANIA – Il cuore dell’indagine sono le dichiarazioni delle vittime del pizzo. Oltre 20 anni a versare soldi alla famiglia Santapaola-Ercolano. Richieste che con il passare del tempo sono lievitate. Una piccola boccata di ossigeno era arrivata con il lockdown lo scorso anno. Ma poi, appena la stretta del governo si è allentata, ecco che gli esattori sono tornati a battere cassa. Ma questa volta invece di pagare, padre e figlio – titolari di alcuni hard discount – sono andati dritti dai carabinieri. E così i vertici del gruppo di San Giovanni Galermo di Cosa nostra sono finiti in manette. Così come gli Assinnata di Paternò.

L’inchiesta Juke Box

Oggi, il pm Rocco Liguori, ha passato in rassegna i tratti salienti dell’inchiesta Juke Box che quasi un anno fa ha portato in galera boss del calibro di Salvatore Fiore, detto Turi Ciuri, Salvatore Gurrieri, il puffo, Luca Marino, Salvatore Basile, Christian Paternò, i fratelli Mirenda. Alcuni sono già conosciuti in altri blitz antimafia riguardanti quella zona della città, che a livello storico-mafioso è collegata alla squadra del Villaggio Sant’Agata.

Un ventennio sotto scacco

Una storia di intimidazioni lunga un ventennio. La ‘tassa’ per la protezione mafiosa sarebbe aumentata con l’apertura di nuovi punti vendita a Valcorrente e Misterbianco. Dai 350 euro chiesti nel 2001 per il supermercato di Aci Sant’Antonio fino ai 1500 euro versati nell’ultimo periodo. Inoltre il clan avrebbe preteso anche “il dono” di Natale e Pasqua. 

Il ruolo delle donne, esattrici del pizzo

Il pm nella requisitoria davanti al gup Luigi Barone ha analizzato gli importanti riscontri alle dichiarazioni degli imprenditori acquisiti dai carabinieri nel corso dell’inchiesta. Cruciali i filmati che immortalano l’arrivo degli estortori al supermercato per chiedere il pagamento della “tassa” di protezione mafiosa. Inoltre per far capire che ‘facevano sul serio’ due giorni dopo la richiesta estorsiva c’è stata una rapina.

Come “esattrici” avrebbero avuto un ruolo le donne indagate: precisamente le sorelle Rita e Francesca Spartà, rispettivamente consorti di Gurrieri e Basile, che avrebbero ereditato il ruolo di riscossione del pizzo nel corso della pandemia. Il sostituto procuratore ha chiesto condanne dagli 8 ai 3 anni e 4 mesi per gli imputati. Nella prossima udienza partiranno le arringhe difensive. 

Le richieste di pena

Domenico Filippo Assinnata, 7 anni e 8 mesi, Salvatore Basile, 6 anni e 4 mesi, Salvatore Fiore, 8 anni, Salvatore Gurrieri, 7 anni e 8 mesi, Luca Marino, 6 anni e 4 mesi, Roberto Marino, 6 anni e 4 mesi, Vincenzo Mirenda, 7 anni e 8 mesi, Francesco Lucio Motta, 5 anni, Christian Paternò, 6 anni e 4 mesi, Antonio Scuto, 5 anni, Rita Spartà, 5 anni, Maria Antonietta Strano, 4 anni e 6 mesi, Gaetano Riolo, 4 anni, Francesco Spartà, 3 anni e 4 mesi. 


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