Pizzo e droga, la violenza degli stiddari: mutilati e strangolati

Pizzo e droga, la violenza degli stiddari: mutilati e uccisi NOMI

L'inchiesta sulla famiglia di Mazzarino è partita da una truffa agricola. Droga e pizzo a tappeto

La famiglia stiddara dei Sanfilippo di Mazzarino, piccolo centro in provincia di Caltanissetta, ha accresciuto il suo potere con i soldi e la violenza. Faceva affari a Milano e all’estero. E chi ostacolava la loro ascesa finiva inghiottito dalla lupara bianca.

I numeri del blitz

I carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 57 persone: 37 in carcere (di cui 8 già detenuti per altra causa), 13 ai domiciliari (di cui 1 già detenuto), 2 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e 3 misure interdittive allo svolgimento di attività professionali.

È una maxi inchiesta in cui vengono contestati i reati di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, traffico di droga, detenzione di armi. Tre degli arrestati sono stati bloccati in Germania e in Belgio con l’intervento delle unità Fast (Fugitive Active Searching Team).

La mafia agricola

L’indagine è partita nel 2016. I carabinieri del Comando politiche agricole e alimentari avevano notato qualcosa di anomalo. Alcuni membri della famiglia Sanfilippo, nonostante fossero in carcere, avevano richiesto dei finanziamenti per l’agricoltura. Soldi incassati attraverso un sistema di false dichiarazioni. La mafia agricola aveva fatto il salto di qualità con i soldi dello Stato.

Un bacio in carcere per il patto della droga

Nel frattempo gli stiddari si muovevano seguendo le linee tradizionali della criminalità organizzata. Il grosso del danaro arrivava dal traffico di droga. Le basi operative erano a Mazzarino e Gela, approvvigionate dai grossisti di Vibo Valentia. Siciliani e calabresi suggellarono il patto con un bacio che i capi si diedero nel carcere di Sulmona.

Pizzo a tappeto

Ai commercianti veniva imposto il pizzo, pagato in contanti oppure assumendo persone segnalate dai boss. Gente che prendeva lo stipendio senza andare a lavorare.

Chi si si ribellava rischiava grosso: i carabinieri hanno registrato le violenze subite dai pochi commercianti che hanno osato protestare. Il capo famiglia, Salvatore Sanfilippo, impartiva ai familiari le direttive dal carcere. Bar, piccoli artigiani e, persino venditori ambulanti: dovevano pagare tutti.

Torturati, mutilati e uccisi

Le indagini hanno permesso di fare luce su due casi di “lupara bianca”, individuando gli esecutori materiali degli omicidi commessi per consolidare la supremazia della “famiglia Sanfilippo” sui gruppi mafiosi rivali. In particolare nel 1984 un operaio edile di 22 anni di Mazzarino sarebbe stato attirato in trappola in un luogo isolato, bastonato e strangolato.

Qualche anno dopo, nel 1991, un uomo di 28 anni, sempre di Mazzarino, sospettato di essere il custode delle armi per conto di uno dei clan rivali, prima di essere strangolato, sarebbe stato interrogato e mutilato. Gli tagliarono le orecchie, il naso e le dita. Il corpo, gettato dentro un pozzo, non è stato mai ritrovato.

È stato accertato che l’associazione aveva la disponibilità di grandi quantità di armi da fuoco, in alcuni casi ben nascoste da insospettabili fiancheggiatori. Sono stati rinvenuti soltanto un fucile, diverse parti di pistola calibro 9 e numerose munizioni.

Tutti i nomi

Trentasette persone in carcere, tredici ai domiciliari. Sono Girolamo Bonanno, 44 anni, Emanuele Brancato, 38, Silvia Catania, 30, Massimiliano Cammarata, 44, Rocco Di Dio, 28, Paolo Di Mattia, 28, Salvatore Di Mattia, 25, Rosangela Farchica, 52, Gianfilippo Fontana, 50, Samuel Fontana, 24, Marco Gesualdo, 31, Luca Guerra, 30, Vincenzo Iannì, 47, Bartolomeo La Placa, 36, Ilenia La Placa, 39, Silvano Michele Mazzeo, 50, Beatrice Medicea, 55, Enza Medicea, 53, Giuseppe Morgana, 24, Melina Paternò, 46, Gianpaolo Ragusa, 51, Andrea Sanfilippo, 52, Calogero Sanfilippo, 38, Calogero Sanfilippo, 30, Calogero Sanfilippo, 45, Giuseppe Sanfilippo, 37, Liborio Sanfilippo, 64, Marcello Sanfilippo, 52, Maria Sanfilippo, 35, Marianna Sanfilippo, 64, Marianna Sanfilippo, 36, Maurizio Sanfilippo, 56, Paolo Sanfilippo, 30, Salvatore Sanfilippo, 58, Salvatore Strazzanti, 44, Girolamo Zappalà, 61, Ignazio Zuccalà, 36. Sono 13 le persone poste ai domiciliari: Santa Sandra Alleruzzo, 34 anni, Ludovico Bonifacio, 44, Vincenza Rosalba Galati, 47, Salvatore Giarratana, 35, Valentina Guerra, 29, Antonino Iannì, 43, Ivan Dario Iannì, 31, Francesco Lo Cicero, 67, Valentina Maniscalco, 34, Grazia Minischetti, 49, Rosario Ridolfo Nicastro, 51, Salvatore Adamo Sanfilippo, 47, Filippo Verga, 31. Misure interdittive per: il medico Giuseppe Fanzone, 60 anni, (sospensione esercizio della professione per sei mesi), per l’avvocato Salvatore Ridolfo Nicastro, 66 anni, (un anno) e per un altro medico, Salvatore Sanfilippo, 70 anni, (nove mesi). Disposti anche due obblighi di presentazione nella stazione dei carabinieri.


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