La Lega aspira legittimamente a Palazzo d’Orleans, può piacere o non piacere, ma, per un partito di ambizioni e dimensioni non trascurabili, si tratta di un orizzonte non precluso. Oltretutto, non siamo davanti al leghismo che fu, con una marcata identità anti-meridionalista. Il moralismo del sopracciglio alzato con sdegno per i siculi-padani, francamente, non regge e non incanta. L’investitura di Nino Minardo , più o meno esplicita, è perfettamente normale. Parliamo di un politico esperto, apprezzato da molti, con tutte le carte in regola per concorrere. E’ comprensibile la reazione del presidente Nello Musumeci, però questa è appunto la politica: dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. Ed è così da sempre.
C’è stato subito un robusto contrattacco per provare a mettere pezze. Prima: “Quando un amico sbaglia e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a rialzarsi”. Poi, un registro modificato che è apparso, invero, un po’ sfalsato: “Sono spiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo”. Il vero problema, per Salvini, capitano leghista, non è giudiziario e nemmeno umano: Luca Morisi, come tutti, è innocente fino a prova contraria e la fragilità – vale per chiunque – ha diritto alla cura e perfino all’empatia. Le cadute, specialmente se ammesse, non meritano che si infierisca. Il punto sta davvero nella pessima ricaduta d’immagine, a torto o a ragione, per il Salvinismo fin qui conosciuto, che c’è già stata. E nella guancia metaforica in balìa degli schiaffoni (anch’essi metaforici) degli avversari. Un brutto viatico all’indomani di un annuncio squillante con vista su Palazzo d’Orleans. E per tutto il resto.
Questa in cronaca è soltanto l’ultima avversità di un leader con un oroscopo complicato: le tensioni all’interno della Lega, il pressing di Giorgia Meloni, una classe dirigente che, in Sicilia, tutto sommato, non è che abbia, fin qui, fornito prove memorabili di sé. Sono annotazioni che compongono un sentiero pieno di insidie. Qui si vedrà di che stoffa è fatto Salvini Matteo da Milano. Si vedrà, cioè, se riuscirà a trovare un necessario, per lui, colpo di reni, o se rimarrà sotto le macerie immateriali di un mondo che sta andando in tilt. La Sicilia assume, in prospettiva, un ruolo cruciale, dopo la sfida lanciata. Accidenti al rubinetto, però.