Mafia, il kalashnikov regalato al boss e poi restituito

Mafia, il kalashnikov regalato al boss e poi restituito

Il pentito racconta la storia collegata al sequestro di un'arma da guerra a Monte Po di alcuni mesi fa
LE RIVELAZIONI
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CATANIA – Un kalashnikov passato da un clan all’altro. Che diventa il simbolo di appartenenza mafiosa. Fabio Reale, nel corso di un’udienza davanti alla Corte d’Appello di Catania, svela segreti che si collegano al sequestro di un arsenale eseguito qualche mese fa a Monte Po, quartiere catanese. Un racconto che diventa un formidabile input investigativo. 

A febbraio i carabinieri in uno scantinato di un condominio in via Salvatore Salomone Marino hanno trovato un borsone nero con all’interno un fucile d’assalto Ak 47 Kalashnikov calibro 7,62 completo di serbatoio oltre a una bomba a mano e cartucce.

Il pentito, ex soldato del gruppo di Monte Po della famiglia mafiosa Strano interna al clan Cappello-Carateddi, è sicuro che si tratta dell’arma che Attilio Bellia aveva dato nel 2009 a Massimo Squillaci, dei Martiddina. Reale raccontando il ritorno nel 2012 degli Squillaci con i Santapaola – dopo una migrazione di qualche anno nei Carateddi – ha spiegato che hanno chiesto la restituzione del Kalashnikov che poi i carabinieri hanno sequestrato. 

Attilio Bellia, narcos dei Carateddi, “aveva dato un kalashnikov a Massimo Squillaci”, racconta Reale rispondendo alle domande della pg Iole Boscarino nel corso del processo d’appello Revenge 5. “Le stavo raccontando quello del Kalashnikov, che quando lui è ritornato con i Santapaola questo kalashnikov glielo ha portato nel quartiere di Salvatore Fiore, Turi ‘Ciuri”.

A quel punto, l’arma doveva ritornare nell’arsenale del clan Cappello. E così “io ci sono andato pure là sopra a chiedergli questo kalashnikov e lui – continua il pentito – mi ha detto che glielo aveva dato a questi qua di San Giovanni Galermo, dei Balatelli e io sono andato a Balotelli insieme a Gaetano Bellia e questi ci hanno dato questo Kalashnikov perchè era di Attilio Bellia. Questo kalashnikov lo hanno sequestrato a Monte Po, è stato sequestrato in una cantina a Monte Po”. 

La sicurezza di questa affermazione ha portato il difensore di Massimo Squillaci, l’avvocato Giuseppe Rapisarda a domandare: “Ma come lo ha saputo?” Reale, che è ai domiciliari, risponde: “Mio figlio ha il telefonino, legge sui giornali, su internet no?”.  

Nessun dubbio dunque. Ma anche nella nota dei carabinieri il riferimento al clan Cappello era preciso. Un cerchio che potrebbe essere chiuso. 


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