Regionali e Amministrative, tutti sulla grande giostra delle elezioni

Regionali e Amministrative, tutti sulla grande giostra delle elezioni

Autocandidature, passaggi e riposizionamenti
SEMAFORO RUSSO
di
4 min di lettura

È un affollarsi di auto candidature in libertà, specialmente a destra, di passaggi e riposizionamenti, di formule che nemmeno in un manuale di chimica per mescolare, in un miscuglio banalmente elettorale, partiti e partitini indipendentemente da identità, se ancora possiamo rintracciare identità riconoscibili, idee e programmi. È ciò che sta accadendo sul palcoscenico della politica siciliana in vista delle elezioni amministrative a Palermo e delle regionali.

L’aspetto più sorprendente è che per giustificare la totale mancanza nel dibattito politico delle problematiche che ormai stritolano la terra del Gattopardo da numerosi decenni e delle mille questioni riguardanti l’impossibilità di amministrare i comuni, in particolare le grandi città, per carenza di soldi e uffici ridotti all’osso ci si trincera nella ormai noiosa definizione della Sicilia (e del suo capoluogo) quale “laboratorio politico”, laboratorio, cioè, di coalizioni, accordi e apparentamenti tra sigle che poi, forse, vedremo in qualche modo replicati a livello nazionale.

Per carità, vero è che la Sicilia non è una regione qualunque, e non tanto perché estesa e popolosa ma perché era un regno, mica si scherza, uno Stato con il più antico Parlamento del mondo e, nel passato, con pulsioni secessionistiche che Umberto Bossi al confronto era un pivellino, pulsioni poi mitigate da un’autonomia conquistata che avrebbe dovuto rendere l’Isola baciata dal sole ricca, capace di “sfruttare” le proprie infinite risorse naturalistiche e storiche per svilupparsi economicamente e affrancarsi finalmente da baroni e latifondisti, da briganti e mafiosi.

Purtroppo le cose sono andate assai diversamente. Baroni e latifondisti moderni con i loro affari privati lì dove dovrebbe gestire il “pubblico” (rifiuti, acqua, sanità…) imperano per la latitanza delle istituzioni; le meraviglie della nostra natura, mare, coste, monti, boschi e paesaggi di ineguagliabile bellezza, sono state e sono massacrate da speculatori senza scrupoli, da incendiari criminali; mafiosi e loro complici, seduti nei Palazzi del potere, hanno per anni comandato e lucrato denaro indisturbati, con violenza, estorsioni, omicidi e stragi frequentando, al contempo, i salotti buoni insieme alle persone “rispettabili”. Soprattutto, non abbiamo avuto lo sviluppo economico che ci aspettavamo, anzi, al contrario, siamo tra le regioni d’Europa più depresse e i nostri giovani, quelli non disponibili alla sotto cultura della telefonata del paparino a chi di dovere per ottenere un posto di lavoro, sono scappati via e non torneranno.

L’imprenditore serio e onesto si domanda: “Che convenienza ho a investire in Sicilia?”. Rete stradale e autostradale da far rimpiangere le regie trazzere, la rete idrica colabrodo, rifiuti fin sopra i capelli, la sanità, al di là del Covid-19 e dalla qualità indiscussa di gran parte di medici e infermieri, lontanissima dall’offrire servizi decenti, a cominciare dai pronto soccorso bolge infernali, l’alta burocrazia asservita al potere politico, burocrazia lenta, vecchia, inadeguata alle nuove sfide in termini di competenze, procedure e tecnologie. Potemmo continuare. Eppure, la drammatica realtà siciliana non sembra impensierire coloro che hanno finora governato e che si candidano a governare.

Il presidente della Regione Nello Musumeci vuole riprovarci, evidentemente ritiene di aver governato bene, di avere salvato la Sicilia dal baratro del degrado e dell’immobilismo. È così? Anche i bambini sanno che non è così, basta rileggere l’elenco delle eterne emergenze di cui sopra e constatare che nulla è cambiato. Matteo Salvini, freddo con Musumeci, dopo la sua disinvolta campagna acquisti di deputati siculi “acchiappavoti” vuole tentare il colpo grosso candidando leghisti a Palazzo delle Aquile e a Palazzo d’Orleans, alleati non permettendo, meglio dividersi le caselle disponibili; Matteo Renzi corteggia Forza Italia per creare una sorta di federazione tra riformisti e liberali dietro cui nascondere sondaggi poco generosi. A sinistra regna l’incertezza. Primarie sì? Primarie no? Anche questo un ritornello stucchevole periodicamente riproposto in assenza di altro.

Il Pd e il M5s non hanno ancora trovato le ragioni di un’alleanza strategica, non occasionale. Eppure le ragioni ci sarebbero e a palate. Probabilmente in negativo giocano le vicende locali nei piccoli comuni e la mancanza di una guida regionale autorevole nel movimento pentastellato di Giuseppe Conte. Guai, però, ai veti incrociati tra piddini e grillini sulle possibili candidature alle poltrone di sindaco di Palermo e di governatore, significherebbe spianare la strada alle destre. Dalle parti del Pd circola la tentazione di corteggiare Forza Italia (probabilmente per spaccare la già fragile coalizione di centrodestra) e i cosiddetti “centristi”, i premi Nobel della “politica dei due forni”, con il rischio di imbarcare opportunisti, voltagabbana e trasformisti per una manciata di voti. In conclusione, difficile essere ottimisti. Sarà la stessa minestra “arriquariata”, riscaldata, e rancida? Attendiamo novità.
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