Matteo Messina Denaro, blitz: la donna col cognome pesante

Matteo Messina Denaro, blitz: la donna col cognome pesante

Si tratta di Laura Bonafede, 54 anni, figlia e moglie di riconosciuti boss mafiosi. I particolari

TRAPANI – È l’unica donna oggetto delle recenti perquisizioni condotte dalla squadra mobile di Trapani e dal Servizio centrale operativo (Sco), disposte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nell’ambito della ricerca di Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, capo della cosca di Castelvetrano e di Cosa nostra trapanese. Si tratta di Laura Bonafede, 54 anni, figlia e moglie di riconosciuti boss mafiosi, fino a venerdì scorso mai raggiunta da alcun provvedimento. Insospettabile però non lo è mai stata.

Un cognome pesante

Cognome pesante quello dei Bonafede. Leonardo, Nanai, suo padre, morto a 88 anni nel novembre dell’anno scorso, è stato capo della cosca di Campobello di Mazara, legato alla famiglia Messina Denaro ma anche con un rapporto di comparatico con Calogero Minore, a capo della famiglia mafiosa trapanese assieme a suo fratello Totò almeno fino ai primi anni ’80. I Minore vennero “posati” per ordine dei corleonesi. Totò Minore tentò di resistere e venne ucciso per ordine di Totò Riina nel novembre 1982, Calogero restò latitante per lungo tempo prima di essere arrestato e morire nel suo letto nei primi anni ’90.

Il legame con i corleonesi

Salvatore Gentile, 58 anni, ergastolano è il marito di Laura Bonafede. È in carcere dal 1996 con condanne all’ergastolo pronunciate a conclusione del maxi processo alla mafia trapanese denominato “Omega”. Non è al 41 bis e nel 2020 gli fu permesso di uscire dal carcere per partecipare al matrimonio della figlia. E sembra proprio che il legame più forte con Matteo Messina Denaro sia quello posseduto da Salvatore Gentile, uomo d’onore e killer durante la guerra di mafia che negli anni ’80 tolse di mezzo nel trapanese gli avversari dei corleonesi: killer anche durante la faida mafiosa alcamese, dove i nemici veniva sequestrati, uccisi e sciolti nell’acido. Salvatore Gentile faceva parte del gruppo dei fidati di Messina Denaro, l’operazione antimafia ‘Campus Belli’, condotta nel 2011 dai Carabinieri di Trapani e del Ros, ha permesso anche di mettere in evidenza il ruolo della moglie Laura che avrebbe portato fuori dal carcere gli ordini del marito e continuare a tenere in contatto suocero e genero, Nanai Bonafede da una parte e Salvatore Gentile dall’altra.

L’ombra della massoneria

Emerge da quella indagine anche il ruolo ancestrale della mafia campobellese. Laura fu intercettata anche a discutere col marito in carcere e col padre tornato libero, della decisione di un mafioso castelvetranese, il professore di educazione fisica Vito Signorello, ex mister della squadra calcistica Folgore, di separarsi dalla moglie e di avere una nuova relazione con un’altra donna. Decisione bocciata dai boss. Ma sulla famiglia Bonafede di Campobello di Mazara aleggia anche la possibile appartenenza di alcuni suoi affiliati alla massoneria. Il legame con I Minore pare servì proprio ai Bonafede di entrare nelle stanze della massoneria segreta, dove i borghesi incontravano i boss.

Rapporti con un poliziotto

Nanai Bonafede avrebbe goduto anche di rapporti privilegiati fin dentro le forze dell’ordine. Nell’operazione “Campus Belli” è emerso il rapporto con Giovanni Buracci, un poliziotto, deceduto durante le indagini, che lavorava all’ufficio “cifra” della prefettura di Trapani, un ufficio dal quale passavano i rapporti riservati e secretati. Perché la perquisizione dei giorni scorsi? Laura Bonafede è ritenuta dalla Procura antimafia di Palermo di aver agito per favorire la latitanza di Matteo Messina Denaro. Lei, per i rapporti in particolare tenuti dal marito con il capo di Cosa nostra trapanese, è sospettata di aver potuto far da tramite. Negli anni scorsi Laura Bonafede è rientrata in possesso di beni che erano stati confiscati a suo padre prima che questi morisse.
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