Un mese dopo il massacro, il ricordo di Ada e delle donne innocenti

Un mese dopo il massacro, Ada e le donne innocenti

L'assassinio di Bronte, le storie tragiche di Vanessa e Giordana: dopo il cordoglio nulla sembra mai cambiare. Perchè?

CATANIA. Il volto rigato dalle lacrime. E non solo da quelle. La paura messa a tacere da una lama che la mano di colui, che una volta si definiva suo marito, ha affondato sulla pelle per quaranta volte. Quaranta.
Via Boscia un mese dopo. Una stradina appartata, quasi nascosta che a Bronte è divenuta teatro dell’orrore e della sofferenza.
Ada Rotini non c’è più da allora. Da un mese, per l’appunto. Selvaggiamente massacrata da chi è stato la sua metà per tanto tempo ma col quale aveva già deciso di chiudere ogni rapporto. 
Filippo Asero l’ha lasciata morire sull’asfalto, dopo averla martoriata, a pochi metri dall’abitazione nella quale avevano convissuto per anni e sotto lo sguardo terrorizzato e sconvolto della sorella e dell’anziano signore al quale, lei Ada, faceva da badante.

Niente cambia

Si ferma tutto a ripensare a quel giorno. A quella maledetta mattina.
Ad un inferno scoppiato senza alcun preavviso.
Trenta giorni dopo nulla è cambiato: nulla potrà mai riportare in vita Ada ma si fa fatica ad immaginare che tutto, una volta ancora, resti fermo all’impatto emozionale ogni qual volta si parli, impropriamente o no, di femminicidio. Si chiedono pene più severe; controlli più serrati; misure ben più specifiche. Eppure, dopo il cordoglio tutto torna a essere com’è. Come non dovrebbe essere.
E le parole pronunciate da buona parte delle istituzioni, il rumore dei social, l’ansia che sprigiona la potenza della diffusione di una feroce notizia del genere, le prese di posizione quasi automatiche, sembrano tramutarsi nell’urgenza ipocrita di pulirsi la coscienza e niente più.

Ada, Vanessa, Giordana: tragedie comuni

Donne uccise dai propri compagni: sono tutte storie che faticano a trovare il movente dell’amore e della comprensione. Che giacciono sul taccuino di un cronista, dilaniato anch’egli dalla visione del sangue e delle lacrime versate sulla strada dalle quali le vittime non fanno più ritorno.
Sono storie di puro egoismo e di ferocia inaudita.
Nemmeno poche settimane prima, in provincia di Catania, era toccato sul lungomare di AciTrezza a Vanessa Zappalà. Ventisei anni appena. Trafitta da sette colpi di pistola.
E, nemmeno a dirlo, ieri la mamma di Giordana, Vera Squadrito ha ricordato i sei anni dall’uccisione della figlia per mano dell’ex compagno:
“Sono trascorsi sei anni dall’omicidio di Giordana Di Stefano: 48 coltellate che continuano a ricordare quanto ancora c’è da fare. Vera Squadrito non ha mai smesso di lottare sul campo contro ogni violenza costruendo sulle macerie, qualcosa di concreto che potesse realmente ricordare la sua Giordana.
Da oggi, infatti, è attivo il primo sportello ascolto, riservato a donne vittime di violenza, previsto all’interno del progetto “La casa di Giordy”.
Una rete di sportelli e iniziative mirate a prevenire il fenomeno, sensibilizzare gli adulti di domani partendo delle scuole, ma anche ascoltare, gestire e recuperare i violenti”.

Eppure tarda a mutare, nelle azioni e soprattutto nelle omissioni del momento storico, ciò che dovrebbe essere cambiato. Non rimane che stringerci attorno alla memoria, affinchè le vite interrotte di donne innocenti non rimangano un ricordo annerito da un tempo che appare avere il cinico compito di far dimenticare in tutta fretta.


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