Palermo, boss per sempre: "Ostinato e insensibile alla rieducazione"

Palermo, boss per sempre: ‘Insensibile alla rieducazione’

La storia di un irredimibile di Cosa Nostra socialmente pericoloso

PALERMO – Lo Stato ha fallito, e non per suoi demeriti, nella rieducazione di Rosario Lo Bue, boss di Corleone. I giudici delle Misure di prevenzione, pochi giorni fa, gli hanno confiscato i beni e hanno confermato che si tratta di un soggetto pericoloso. Pericoloso e irredibili.

Ci sono dei passaggi del decreto che colpiscono più di altri. I giudici parlando di “insensibilità al trattamento rieducativo” del carcere e sottolineano la sua “singolare ostinatezza” nel volere rimanere mafioso ad ogni costo anche durante i periodi di detenzione.

Classe 1953, ufficialmente fa il pastore. Incontrava i suoi uomini in campagna mentre pascolava gli animali e predicava la pace in nome di Dio. Rosario Lo Bue è fratello di Calogero Giuseppe, arrestato nell’aprile del 2006 perché era uno dei “vivandieri” di Bernardo Provenzano. Nei guai Rosario c’era finito la prima volta nel 1997, anche lui per avere aiutato il padrino a nascondersi. Ed arrivò la prima condanna per mafia.

Nel 2008, nei giorni del maxi blitz Perseo, la sua figura emergeva con prepotenza. Nel tentativo di ricostruire la cupola a Corleone avevano deciso di schierarsi al fianco dei boss di Palermo. I viddani scendevano a patti con i palermitani che tre decenni prima Riina e Provenzano avevano spodestato con il piombo. Solo che le intercettazioni furono dichiarate nulle per un vizio formale. Poi, nel 2016, il nuovo arresto e la condanna a 12 anni divenuta definitiva nel 2019.

Anche in carcere, scrivono ora i giudici, l’anziano boss ha mantenuto “condotte chiaramente sintomatiche della permanente appartenenza al sodalizio mafioso”. Mandava avanti la baracca mafiosa. Ha tenuto in mano lo scettro del potere nonostante contro di lui tuonasse Carmelo Grizzaffi (figlio di Caterina Riina, sorella di Totò), prima che quest’ultimo finisse di scontare la sua pena. A Lo Bue è stato riconosciuto il peso per mediare nei contrasti via via sorti fra altri pezzi da novanta di Cosa Nostra, come i bagheresi Pino Scaduto e Onofrio Morreale.

In carcere l’anziano boss ha pure trovato tempo e voglia di fare da padrino nel rito di affiliazione di Vito Galatolo, capomafia dell’Acquasanta e ora collaboratore di giustizia. Lo Bue non ha mostrato alcun “segno di ravvedimento”, né un timido segnale di “volere cambiare vita”. Ha solo mostrato con ostinazione la sua voglia di essere un mafioso.


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