Mafia, le intercettazioni durante la latitanza del boss

Mafia, le intercettazioni durante la latitanza del boss

Ecco chi è Vincenzo Dato, arrestato dopo essere sfuggito al blitz Picaneddu
CLAN SANTAPAOLA
di
3 min di lettura

CATANIA – Qualche giorno fa lo hanno arrestato nel siracusano. La sua latitanza questa volta è durata davvero pochissimo. I carabinieri hanno catturato Enzo Dato, pirigno, dopo che ha tentato di speronare la gazzella dell’Arma. Tentativo inutile visto che i militari lo hanno fermato e portato in carcere. L’indagato è coinvolto nell’operazione Picaneddu che ha sferrato un duro colpo alla roccaforte mafiosa dei Santapaola a Catania. 

Non era la prima volta che Dato si nascondeva per sfuggire alle manette. Quando è arrivata la sentenza definitiva del processo Fiori Bianchi, i carabinieri lo hanno scovato a Rieti, nel Lazio. Con lui altre tre persone che ora sono indagate. 

Durante la sua latitanza avrebbe continuato a gestire gli affari grazie all’intermediazione di Giuseppe Russo. E anche alla compagna Veronica Puglisi Foscolo che avrebbe fatto da tramite con gli altri affiliati. Nel periodo di soggiorno a Rieti, Russo lo avrebbe aggiornato di cosa accadeva a Picanello. Il 3 marzo 2018 è avvenuta una delle intercettazioni che secondo il gip “non lascia spazio a margini di dubbio” sul contenuto. 

Questa non può che essere letta come un lungo resoconto attraverso cui Russo informava Dato sulle vicende del gruppo. Appare infatti intrisa – ha riassunto il giudice –  di riferimenti alle dinamiche associative e al contesto mafioso nel quale i due indagati, come dimostrano le loro parole, vivevano e dal quale traevano le proprie fonti di sostentamento”.

Ci sono i riferimenti alle estorsioni: “…cinquemila quaranta e sono otto… mille Girolamo e sono nove… mille della macchina quella là e sono dieci! Dieci…e mille e cinque del Mokador e sono undici e cinque…”.

Oppure al recupero crediti: “(…) questi di Paternò ci devono dare un recupero da ventisettemila (…)”. 

Russo ha informato Dato anche dell’uso della violenza quando c’è da risolvere un momento di screzio: “(…) io appena lo prendo gli scippo la testa»; “(…)Appena lo prendo glielo struppio (…)”; “Sta dicendo Enzo… sta dicendo Enzo… quando lo prendo le fa trecento chili, Enzo!”

E non potevano mancare le informazioni sul sostegno economico agli affiliati detenuti: “Poi mi ha chiamato quello il Pitò …ah… il Pitò”.

“Pitò” gli avrebbe chiesto dei soldi “perché stava per essere arrestato”: “Te la posso dire”, mi ha detto, “una cosa… vah”, dice, “io non ti dico”, dice, “tutti interi perché se mi chiudono …io non ti dico “tutti sani”, perché capisco le problematiche, anche un piccolo pensiero per mia moglie, anche che sono due, due e cinquanta… un vestito…”.

Ma Russo ha raccontato a Dato che non sarebbe stato facile soddisfare le richieste. E infatti gli avrebbe detto: ”Senti una cosa … te la posso dire una cosa … io è inutile che ti dico sì e poi ti devo prendere per il culo… ti posso mettere in lista! Io sto andando sempre a patti con i piranha! Perciò figurati… io ho difficoltà per i grandi!”

Dato è stato ancora più categorico: “Ma va, va… digli che si va a coricare va! (…) Ma quando mai! (…) Non se ne parla! No non…”

Intercettazioni che secondo il gip offrono il pieno riscontro alle dichiarazioni di Antonio D’Arrigo sul suo ruolo di vertice – occupato per un periodo – all’interno del gruppo di Picanello. “Come ho già detto, insieme al Russo, dopo l’arresto del Comis e prima del Salemi, ha ricoperto l’incarico di responsabile del gruppo occupandosi dei nostri stipendi”. 


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