Palermo, in Consiglio si studia il piano per la fine dell'era Orlando

Palermo, sale la tensione: il piano per far cadere Orlando

Le possibili mosse per chi a Sala delle Lapidi vuole disarcionare il sindaco
L'INDAGINE SUI CONTI
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PALERMO – Sgoccioli, sanguinosi. Da ieri ogni momento sarà buono per decretare la fine del consiglio comunale dell’era Orlando quinquies. Dopo l’inchiesta sui conti del Comune, anche il Movimento 5 stelle rompe gli indugi, resta sulla promessa delle votazioni favorevoli “alle misure che ci interessano per la città” ma considera per bocca del consigliere Antonino Randazzo “finita l’esperienza”, invocando la nomina di un commissario straordinario che porti la città quanto meno ferita possibile alle sponde elettorali di maggio. Con ogni mezzo lecito: se non basterà la mozione di sfiducia, si andrà alle dimissioni di massa. Ben al di là delle vicende giudiziarie di sindaco, di suoi ex amministratori e della testa tecnica e contabile pensante della dirigenza comunale, delle tre carte di un gioco di sfiducia che si trascina da mesi, insomma, una uscirà. La novità non sono i numeri di un governo di minoranza, ma la determinazione di molti a esperire ogni strada per voltare pagina.

Ventuno, il numero fatale

I numeri ci sono, con forti probabilità che esca il 21. Sono tanti i consiglieri dimissionari che servono perché il Consiglio venga sciolto anche se il secondo numero in ballo, il 26, non è stato mai raggiunto – i firmatari occorrenti a far passare la mozione di sfiducia – mentre la terza cifra del terno, l’1, pare escluso dalle dichiarazioni di Orlando che rigetta una volta di più l’ipotesi di proprie dimissioni. Avversari come Forza Italia insistono da mesi sulla ipotesi numero 3, la più indolore dal punto di vista della forza di tsunami politico generale e cioè le dimissioni volontarie del sindaco. Che non arrivano. Così come non arrivano commenti espressi: tempo di riflessione per tutti. Tira brutta aria, nelle propaggini ideali di Sala delle Lapidi, nelle chat dei gruppi e nei gruppi silenziosi di chi Orlando lo ha sostenuto fino all’ultimo. Secondo chi gongola, i leghisti di Consiglio, che dell’ultima mozione di sfiducia sono stati accesi sostenitori, Leoluca Orlando dovrà accantonare pure l’idea di affiancare alla prima linea elettorale di maggio una lista con proprio nome e volto, in grado di raccogliere fra i sei e settemila voti appartenenza. E, sempre secondo i detrattori ramo salviniano, non si tratterebbe affatto di precari, ex precari e reduci da promesse di stabilizzazione che pure sono stati spesso presenti nella pancia della macchina elettorale del plurisindaco. “Quelli ormai stanno tutti con noi”, si sente proclamare negli ambienti della Lega. Sarebbero invece gli irriducibili “della sinistra benpensante e benestante che ancora agitano la bandiera dell’antimafia declinata in chiave orlandiana”.

Le schermaglie dell’opposizione

Provoca a ragion veduta, la Lega – che in consiglio ha per contrappunti i nomi di Igor Gelarda, Alessandro Anello, Roberta Cancilla, Sabrina Figuccia e Marianna Caronia – e prova a stanare proprio i 5 Stelle, invitando a porgere orecchio al “senti che botta per i grillini, c’è Orlando indagato”; con i pentastellati che dal canto loro iniziano a rivendicare la primogenitura della primissima mozione di sfiducia. Ufficialmente, il capogruppo Igor Gelarda invita “tutti a votare la mozione di sfiducia, e ciò a prescindere dalle vicende giudiziarie che verranno appurate, con la presunzione di non colpevolezza, nelle sedi opportune. Siamo in dissesto funzionale, pre dissesto finanziario e con sindaco e dirigenza indagati”.

Lealtà a sinistra

Che sia paralisi totale, lo intendono bene anche i più leali verso il sindaco, gli uomini e le donne di Sinistra Comune i quali affidano a Barbara Evola un comunicato di lucida melanconia. Il sottotesto è arbitrario: c’è sconcerto che la stagione di Orlando finisca fra le inchieste giudiziarie, da Bellolampo ai Rotoli. Da sinistra si consiglia cautela nel valutare le ultime notizie dalla Procura, ma pure si riconosce amaramente la grave criticità annosa dei bilanci comunali. Comune, o quasi, pure la consapevolezza che in questo frangente di paralisi dove – nessuno lo nasconde – “i dirigenti comunali saranno da oggi in poi terrorizzati ad apporre la firma pure sulla lista della spesa”, dice qualcuno – ci sia da salvare il salvabile: nell’ordine piano di risanamento di un Comune in deficit praticamente conclamato, con i trenta giorni concessi per le controdeduzioni che rischiano, mentre lo stesso ragioniere generale deve difendersi dalle accuse dai pm, di restare carta morta; la paralisi amministrativa generale; il Piano triennale delle opere pubbliche, che ha in pancia milioni e milioni di fondi extracomunali. Randazzo su questo assicura “coerenza e disponibilità dei Cinquestelle a salvare fondi che abbiamo contribuito ad assicurare alla città”. Ma poi, aggiunge: “Stacchiamo la spina. Parliamo di una stagione finita dove la politica è soffocata dalla mancanza di una maggioranza che si assuma responsabilità. Sia nominato un commissario che eviti lo strappo sociale prima che sia troppo tardi”.

Il partito delle dimissioni

+Europa parla attraverso il suo consigliere e presidente Fabrizio Ferrandelli, che Orlando lo ha sfidato sul campo elettorale. Sollecita “la convocazione urgente di un consiglio comunale. Nel solco del garantismo, in attesa che il sindaco chiarisca nelle opportune sedi, ritengo tuttavia necessarie le sue dimissioni per consentire al consiglio comunale e ad un commissario di poter agire senza il rischio di possibili condizionamenti svolgendo tutte le attività necessarie ad un Comune che già vive una fase delicata di riequilibrio di bilancio, e in vista dell’approvazione del piano triennale delle opere pubbliche che potrebbe rivelarsi insostenibile”. Ma le dimissioni, è noto, non arriveranno, pare. Resta la “formula 21”, che ha bisogno dei numeri. Intanto il Consiglio sta con il fiato sospeso pure per l’attesa sentenza nei confronti del suo presidente, Totò Orlando, che dovrebbe arrivare a fine mese e che lo farebbe decadere dallo scranno in caso di condanna. E intanto il Pd riflette, escogitando senza troppo esternare vie d’uscita per maggio, in un contesto che mette a serio rischio la candidatura di Fabio Giambrone a successore naturale di Orlando. Italia Viva, che a Orlando ha tolto l’ossigeno, ne discuterà dentro casa propria a breve. Agli atti la posizione personale di Paolo Caracausi, che non vede di buon occhio le dimissioni collettive, “penalizzanti per i consiglieri quando dovrebbe essere il sindaco a dimettersi”, ma neppure le esclude.

Le forze in campo

Allora, diamoli, questi numeri: Lega 5; Fratelli d’Italia 3, +Europa e Azione 2 (al netto della opzione di Ferrandelli per le dimissioni del sindaco); Oso di Forello e Argiroffi 2; Movimento 5 Stelle 3; Diventerà bellissima 2; Forza Italia 2, Italia Viva faraoniani doc 5 (con riserva), Udc (misto) 1; tamajani 3. Somma facile da tirare: abbastanza, si sa, per la mozione di sfiducia, ad abudantiam per il piano B, cioè le dimissioni collettive per lo scioglimento.
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