Mafia e droga: affari fra San Giuseppe Jato e Palermo: 10 arresti

Mafia e droga fra San Giuseppe Jato e Palermo: 10 arresti

Le famiglie si erano riorganizzate. Indagato l'ex capo dei vigili urbani TUTTI I NOMI

PALERMO – Mafia, pizzo e droga. A San Giuseppe Jato e San Cipirello si davano un gran da fare per mandare avanti la baracca mafiosa. I due capi erano finiti in carcere, ma qualcuno continuava a ricevere le direttive.

Sono dieci i provvedimenti cautelari (8 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 1 di sospensione dall’ufficio) emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta dei pubblici ministeri, coordinati dal procuratore aggiunto Salvo De Luca. e dai sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma.

I reati

I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione aggravata, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico. Quest’ultimo episodio ha provocato la sospensione per l’ex comandante dei vigili urbani di San Giuseppe Jato, ora in pensione.

Pizzo al centro scommesse

Le indagini fotografano il periodo compreso fra febbraio 2017 e novembre 2019, durante il quale i carabinieri del Gruppo di Monreale e del Nucleo investigativo di Palermo hanno ricostruito le dinamiche del mandamento mafioso. Ad esempio i boss hanno imposto il pizzo al titolare di un centro scommesse di San Giuseppe Jato per sostenere le famiglie dei detenuti. Il pizzo sarebbe stato imposto anche agli ambulanti durante la festa religiosa delle Anime Sante: 50 euro per piazzare una bancarella.

Affari a Palermo

Per fare cassa la famiglia mafiosa avrebbe messo le mani su una serie di appalti, anche a Palermo, rispettando la regola della “messa a posto” che va versata a chi comanda nella zona del cantiere. E poi c’è la droga, in particolare lo spaccio di hashish: affari in corso fra i mandamenti palermitani di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova e quello di San Giuseppe Jato.

Le direttive dal carcere

All’indomani dell’arresto di Ignazio Bruno, capo del mandamento mafioso, e del suo autista e consigliere Vincenzo Simonetti, anche dal carcere i due hanno mantenuto i contatti con l’esterno. In particolare, con Calogero Alamia, (nipote di Antonino Alamia, che un tempo era stato il cassiere del mandamento mafioso, attualmente detenuto), a cui cui viene contestato il ruolo di promotore dell’organizzazione a partire da luglio del 2018. Altra pedina importante dell’attuale scacchiere sarebbe Maurizio Licari.

Tutti i nomi degli indagati

Gli altri indagati per associazione mafiosa sono Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito (storico esponente di Cosa Nostra e già condannato a 10 anni e 6 mesi, ed i figli Calogero e Giuseppe Antonio Bommartito. Il provvedimento colpisce anche Massimiliano Giangrande e Giusto Arnone (accusati di spaccio di droga).

Nell’estate 2018 ci furono gravi frizioni tra membri della famiglia mafiosa che ambivano alla reggenza. La spaccatura si sarebbe ricomposta solo grazie alla pressione esercitata da Alamia: bisognava mantenere l’unità per non compromettere il potere della famiglia sul territorio.

L’ex comandante dei vigili urbani

Infine, tra i destinatari del provvedimento cautelare eseguito vi è l’ex comandante della polizia municipale di San Giuseppe Jato. Gli viene contestato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un veicolo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area monitorata da telecamere comunali. Il pubblico ufficiale avrebbe riferito il nominativo a Giuseppe Antonio Bommartito, consentendogli di provvedere al ripristino dei luoghi.


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