Da agente di Falcone a spietato killer di Cosa Nostra

Da agente di Falcone a spietato killer di Cosa Nostra: condannato

L'ex poliziotto, oggi collaboratore di giustizia, è stato condannato a 8 anni

PALERMO – Da agente di polizia del servizio di scorta del giudice Giovanni Falcone a spietato killer di Cosa Nostra. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo Annalisa Tesoriere ha condannato a otto anni di carcere Pasquale Di Salvo, ex poliziotto e oggi collaborante di giustizia, per l’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti.

Il delitto fu commesso ad Alessandria della Rocca, il 13 settembre 1994. Una condanna superiore ai cinque anni chiesti dalla stessa accusa, sostenuta in aula dal pubblico ministero Gaspare Spedale, considerando anche le attenuanti della collaborazione.

Il tribunale ha disposto il risarcimento del danno, da quantificare in sede civile, nei confronti di Vincenzo Di Girgenti, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Angelo Farruggia. Riceverà una provvisionale immediatamente esecutiva di 10 mila euro.

E’ stato lo stesso Di Salvo, già condannato per associazione mafiosa ed estorsione, a svelare i retroscena dell’omicidio ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. “Questo delitto è stato il mio trampolino di lancio” riferì in un verbale.

L’agguato fu la risposta alla morte di Ignazio Panepinto, ucciso qualche mese prima nell’ambito di una faida che si stava consumando nella bassa quisquina. I familiari di quest’ultimo chiesero un killer alla cosca di Bagheria e fu indicato proprio Di Salvo: “Per questo omicidio ho ricevuto 12 milioni di lire in contanti e un go-kart dal valore di 3 milioni”.

La vittima era il titolare di una piccola azienda agricola. Di Salvo lo attese in via Dante e lo crivellò a colpi di fucile mentre stava salendo in macchina.

Di Salvo fu cacciato dalla polizia dopo essere stato sorpreso in Svizzera in compagnia di un rapinatore per poi avvicinarsi alla famiglia mafiosa di Bagheria. Poi l’arresto nel 2015 nell’operazione “Panta Rei” e l’inizio della sua collaborazione con la giustizia.

“Lei si rende conto che è passato dalla parte dei nemici del giudice assassinato?”, gli chiese il giudice Nicola Aiello quando lo arrestarono. Risposta secca: “Sì”. “E non ha nulla da dire? Lo sapevo, ho sbagliato, ho sbagliato”.


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