Palermo 2022, ci vuole accordo programmatico: ecco perché - Live Sicilia

Palermo 2022, ci vuole accordo programmatico: ecco perché

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Roberta Fuschi su Livesicilia dà conto ai lettori del vertice congiunto di PD e Cinquestelle in vista delle elezioni a Palermo nella primavera del 2022. Chi scrive più volte ha auspicato, raccogliendo qualche critica, un accordo politico e programmatico solido, ben oltre gli occasionali calcoli elettoralistici, tra i democratici e i pentastellati. Gli eventi poi, a cominciare da Termini Imerese dove l’anno scorso uscì vincitrice l’alleanza giallorossa per giungere al medesimo risultato positivo in altri rilevanti comuni nelle recenti amministrative in Sicilia, ci hanno dato ragione. Adesso parliamo del capoluogo siciliano, della quinta città d’Italia, un appuntamento estremamente importante nel percorso comune che finalmente pare si voglia compiere in casa dem e in casa grillina, sebbene, dobbiamo ammetterlo, si sia già in grande ritardo.

Mancano pochi mesi, con in mezzo il periodo natalizio, all’apertura dei seggi e lunga appare la strada ancora da fare per offrire ai palermitani un candidato a sindaco credibile, liste competitive, un programma condiviso e una coalizione coerente. Non c’è più tempo per perdere tempo, non c’è tempo per manovre tattiche, tanto meno per i distinguo tra chi si vuole porre in continuità con l’esperienza orlandiana e chi in discontinuità. Un falso problema, utile appunto a perder tempo e a compromettere potenzialmente il progetto in cantiere. Falso perché non bisogna guardare indietro ma avanti, falso perché numerose sono le emergenze lasciate dall’amministrazione uscente ma fondamentali anche, leggendo a ritroso la storia di Palermo, le conquiste sul piano etico e culturale, falso perché le emergenze che tormentano i cittadini, dai rifiuti all’assenza di manutenzione, dai trasporti insufficienti all’illuminazione pubblica deficitaria, eccetera eccetera, sono dipese e dipendono pure dall’esiguità ormai patologica di risorse finanziarie e umane dovuta a una errata impostazione dello Stato e della Regione nei rapporti con gli enti locali.

Pertanto, sarebbe bene passare subito alle questioni centrali. Si tratta dei contenuti e del metodo che si intendono mettere in campo per convincere gli elettori panormiti, in particolare i tanti che nel 2017 si sono astenuti (circa il 50% degli aventi diritto comprendendo le schede bianche), della bontà di una proposta politica da opporre a quella, tuttora assai nebulosa con una folla di candidati alla poltrona più alta di Palazzo delle Aquile, delle destre. Ci permettiamo alcuni suggerimenti.

Primo, definire subito il perimetro della coalizione, intendendo per perimetro (sennò può sembrare escludente) non la stanca elencazione di sigle e nomenclature ma i riferimenti ideali e valoriali relativi ai temi programmatici e a quelli della legalità nel contrasto alla corruzione e alla criminalità organizzata. Secondo, organizzare un’assemblea cittadina da svolgersi in una giornata intera con gruppi di lavoro per un contributo alla stesura del programma invitando le energie sane e produttive della città. Terzo, scegliere il candidato sindaco attraverso le primarie nel caso non si realizzasse una convinta convergenza su un nome. Matteo Salvini furbescamente le ha evocate per la scelta del candidato sindaco del centrodestra facendo probabilmente storcere il naso ai suoi e agli alleati. Sarebbe davvero singolare se lo strumento delle primarie, inventato e usato a sinistra, diventasse un’arma in mano alle destre e per giunta sulla spinta di un soggetto sovranista e populista.


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