Miccoli, condannato in via definitiva per estorsione

Estorsione, condanna definitiva per Miccoli: andrà in carcere

La sentenza della Cassazione. Aggravante mafiosa. Deve scontare tre anni e mezzo

ROMA – Diventa definitiva la condanna a tre anni e sei mesi per l’ex giocatore del Palermo Fabrizio Miccoli. La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex calciatore e confermato la sentenza decisa nel gennaio 2020 dalla Corte di Appello di Palermo. Ne dà notizia l’Adkronos. Miccoli andrà in carcere.

L’ex giocatore che ha vestito a lungo la maglia rosanero è colpevole di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Una aggravante che non offre all’imputato alternative alla detenzione in carcere per scontare la pena.

È stato il mandante dell’estorsione. Chiese a Mauro Lauricella, figlio di un boss, di recuperare un credito. Lauricella è finito in carcere nei mesi scorsi. Anche lui per una condanna definitiva, ma a sette anni, che pesava come un macigno sulla posizione di Miccoli. Così è stato.

La vicenda giudiziaria dell’ex bomber rosanero

La vicenda inizia quando l’ex fisioterapista Giorgio Gasparini cerca di riavere dall’imprenditore Andrea Graffagnini venti mila euro investiti nella discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine. Le difficoltà a tornare in possesso dei soldi lo spingono a rivolgersi a un altro giocatore per avere un consiglio e poi a Miccoli. Gli investigatori davano la caccia al padre di Lauricella, Antonino, boss della Kalsa allora latitante, e si imbatterono in una conversazione del figlio con Miccoli.
Senti una cosa Mauro – diceva Miccoli a Lauricella – eh… i primi di luglio poi quando vengo, dobbiamo andare a parlare con sto qua. Eh, andiamo io, tu e lui andiamo, ci andiamo a mangiare una cosa a cena e poi… poi quando ci vediamo… capito parliamo un attimo. Va bene? Allora io appena scendo a Palermo ti chiamo, noi ci vediamo da soli io e te, ti spiego un po’ come è la situazione, perché non dobbiamo parlare solo della situazione mia, c’è un’altra cosa, poi ne parliamo di persona… poi andiamo a cena con questo qua e, gli diciamo le cose come stanno. Va boh?”. “Va bene – gli rispondeva Lauricella – te la sbrigo io appena scendi, capito?”.

La difesa di Miccoli

“Non sapevo dove andare perché io non ho mai frequentato discoteche… il primo a cui ho pensato è stato Mauro”, così si era difeso Miccoli interrogato dai pm Francesca Mazzocco e Maurizio Bonaccorso della Procura di Palermo. Tra luglio e ottobre del 2010 Lauricella tentò di recuperare le somme. Quindi chiamò in causa gli “amici di papà”. Ci fu una riunione in una trattoria alla Kalsa, nel 2011, nel corso della quale si decise che in occasione della partita in trasferta contro il Milan Miccoli avrebbe consegnato a Gasparini una busta con tre assegni per complessivi sette mila euro. Solo che gli assegni restarono insoluti. Gasparini incassò solo duemila euro.

Le lacrime

Nel corso di una delle tante conversazioni intercettate Miccoli fu sorpreso mentre diceva “quel fango di Falcone”, riferendosi al giudice assassinato dalla mafia. Divampò la polemica e il calciatore convocò una conferenza stampa. Chiese scusa in lacrime. Anni dopo tornò sull’argomento: “Riguardo i miei errori – disse – per i quali sono pronto a pagare il conto che la giustizia, eventualmente, riterrà di dovermi presentare, mi auguro ci sia ancora spazio, tra di noi e nella nostra società, per il perdono. Un perdono, e non una giustificazione, dunque, che ho chiesto e che chiedo ancora, nella speranza di poter essere riabilitato davanti agli occhi di tutti gli sportivi”.

“So bene che noi campioni siamo spesso presi da esempio da ragazzi e tifosi. Proprio per questo voglio essere chiaro nel dire loro che il rispetto della legge e la legalità sono valori da difendere sempre e comunque, come pure il lavoro di tutti gli uomini che nelle istituzioni e nella società civile si battono perché questi valori vengano sempre rispettati”, aggiunse.


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