Palermo, suicida in carcere 'ma non per colpa dei medici'

Palermo, suicida in carcere ‘ma non per colpa dei medici’

Assolti due sanitari del Pagliarelli. Samuele Bua si tolse la vita in cella

PALERMO – Assolti. Per il Tribunale due medici del carcere Pagliarelli non sono responsabili dell’omicidio colposo di Samuele Bua, che nel novembre 2018 si suicidò all’interno del penitenziario palermitano. Aveva 29 anni.

Secondo il giudice Stefania Brambille, il fatto non sussiste. Cade l’accusa nei confronti di Carmelo Geraci e Bernardo Mazerbo, difesi dagli avvocati Claudio Gallina Montana, Valeria Minà e Gianluca Corsino.

Samuele era un soggetto affetto da “schizofrenia grave”. Un giorno i vicini sentirono delle urla provenire dalla casa e avvertirono i carabinieri. Samuele finì in carcere. “Non è lì che doveva stare”, hanno sempre detto i familiari, che presentartono una denuncia tramite l’avvocato Giorgio Bisagna.

“Chiedo giustizia per mio figlio”, disse la mamma di Samuele a Livesicilia.

Una volta in cella Samuele Bua si tolse la vita impiccandosi con in lacci delle scarpe. Era stato posto in isolamento. Secondo l’accusa, i due imputati non avrebbero tenuto conto della certificazione di un altro medico che aveva disposto le dimissioni dal reparto di psichiatria e il trasferimento in una cella del reparto “grande sorveglianza” in compagnia di un altro detenuto che potesse controllarlo.

Ed invece Bua finì in una cella da solo. Gli furono pure riconsegnati gli oggetti di uso comune, fra cui rasoi, lenzuola e lacci delle scarpe. Quei lacci che il detenuto avrebbe poi usato, un mese dopo, per mettere fine alla sua vita.

I due imputati hanno sempre professato la loro innocenza, escludendo qualsiasi colpa nel loro operato, approntato sempre al rispetto delle linea guida. La difesa ha sostenuto che il nulla osta redatto dai due imputati con cui veniva disposto l’isolamento aveva un validità di dieci giorni mentre il decesso avvenne invece 34 giorni dopo. Dunque non ci sarebbe stato nesso di causalità fra l’operato dei medici e il gesto suicida.

La replica: “I familiari non ritengono chiusa la vicenda”

“Pur rispettando l’esito del giudizio, su cui mi riservo ogni valutazione all’esito della lettura della motivazione, preciso che i familiari di Samuele Bua non ritengono chiusa la vicenda. I punti oscuri della dinamica della morte di Samuele, pur evidenziati dal PM dr. Leopardi nella sua requisitoria, erano stati segnalati, in corso di indagini da questa difesa. Ciononostante, non sono stati effettuati tutti i necessari approfondimenti. Non possiamo accettare la semplice derubricazione a “triste fatalità” l’asserito suicidio in carcere di un ragazzo gravemente malato, che come tale doveva essere protetto da chi lo aveva in custodia. Continueremo a chiedere, con la mamma e i fratelli di Samuele, senza tregua, che si accerti cosa realmente successe quel giorno del novembre 2018“. Avv. Giorgio Bisagna.


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