Miccoli, la mafia, le amicizie e le frasi contro Falcone

Miccoli entra in carcere: la mafia e le frasi contro Falcone

La vicenda giudiziaria era iniziata con una richiesta archiviazione ed è finita con la condanna definitiva

PALERMO – Fabrizio Miccoli è in carcere. Si è consegnato a Rovigo anticipando l’ordine di esecuzione della pena resa definitiva dalla Cassazione. La vicenda processuale di Fabrizio Miccoli era iniziata con una doppia richiesta di archiviazione da parte della Procura di Palermo ed è finita con la condanna definitiva a tre anni e sei mesi di carcere. In mezzo c’è l’imputazione coatta decisa nel 2016 dal giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito. Nelle prossime ore si attende l’ordine di esecuzione della sentenza di condanna.

L’ex giocatore di Juventus, Palermo e Lecce chiese a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa e suo grande amico, di recuperare ventimila euro dall’imprenditore Andrea Graffagnini per conto di una terza persona. E Lauricella si attivò con metodi mafiosi. In alcune sue conversazioni intercettate diceva addirittura di avere avuto il via libera dai pezzi grossi della mafia di Porta Nuova. Gente come Nicola Milano e Tommaso Di Giovanni. Pure il padre, Antonino Lauricella, detto lo “Scintillone”, ne sarebbe stato informato.

“Nessuna condanna etico-morale”

Per Miccoli ieri sera è diventata definitiva la sentenza emessa dalla Corte di Appello, che confermò quella di primo grado. Nelle motivazioni i giudici spiegarono che non c’era “una sorta di condanna etico-morale” per quelle terribili parole – “E’ un fango” – rivolte a Giovanni Falcone. I fatti da valutare erano altri. Miccoli era ed è colpevole per i suoi rapporti “con soggetti gravitanti nel mondo criminale mafioso del capoluogo siciliano” di cui aveva “mutuato linguaggio e atteggiamenti”.

Amici “mafiosi”

Di quei rapporti si nutriva nella sua vita privata, ma non era ancora materia da codice penale. Lo divenne nel momento in cui per risolvere la faccenda dei soldi si rivolse a Mauro Lauricella per costringere l’imprenditore Andrea Graffagnini a versare i soldi all’ex fisioterapista del Palermo, Giorgio Gasparini, per un debito legato alla cessione di una discoteca. Miccoli, scrivevano i giudici, affidò “a taluni soggetti e in particolare a Lauricella, la soluzione di alcuni problemi, propri o di altre persone”.

L’ex calciatore non negò di averlo fatto, ma respinse l’ipotesi che fosse stata un’estorsione e per giunta aggravata dal metodo mafioso. Sapeva che il padre di Mauro Lauricella era un mafioso, ma si rivolse a lui in quanto amico e non perché, essendo figlio di un boss, avrebbe potuto risolvere, a modo suo, la questione dei soldi. Che è di fatto lo stesso motivo per cui ci fu l’iniziale richiesta di archiviazione. Le valutazioni sono cambiate nel corso dei processi in primo grado, appello e Cassazione.

“… c’ha ragione”

“Ho chiamato Mauro e gli ho detto… ‘Siccome tu conosci tutti quanti, puoi vedere se mi sistemi questa situazione, perché quello dice che avanza dei soldi… questo ho fatto”. Era il 2013 e Miccoli tentava di controbattere alle contestazioni dei pm nel corso di un interrogatorio.

“Però, mi scusi, nel momento in cui Lauricella dice: ‘Io adesso questo lo distruggo. Ha sbagliato a parlare’. Lei, sapendo che il padre di Lauricella era un latitante mafioso, non si preoccupa?”: i magistrati lo incalzavano. Miccoli provava a rintuzzare la contestazione, sminuendo o addirittura mostrando di non avere compreso non solo il disvalore dei suoi comportamenti, ma i rischi a cui stava andando incontro dal punto di vista penale: “Ma sicuramente sì, c’ha ragione. Ma quante volte io però a Mauro anche gli ho detto: ‘Perché se ti piace giocare a calcio non te ne vai da un’altra parte, ti fai una famiglia, giochi a calcio…’. insieme anche, non lo nego, a delle volte che mi sono lasciato andare per telefono, com’è successo prima, di Falcone… non lo sto negando che io non l’abbia fatto… stavo cercando in tutti i modi di trovargli un lavoro, se… gli trovavo una squadra fuori, per mandarlo via… cioè io ho pensato: uno ha il papà così, ma il figlio è totalmente diverso. Con me, era la cosa della foto, la cosa del video… andiamo là… andiamo là… ti accompagno io… facciamo… era questo con me Mauro”.

“Vuole stare lontano da tutto e da tutti”

“E’ un uomo distrutto” ha commentato il suo avvocato. La decisione di costituirsi nel carcere veneto e non in quello di Lecce, città dove risiede con la la famiglia, da quanto si apprende, è riconducibile alla volontà dell’ex calciatore di “stare lontano il più possibile da tutto e da tutti”.


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