Diffida antimafia non sarà più “un fulmine a ciel sereno”

Diffida antimafia non sarà più “un fulmine a ciel sereno”

Il soggetto per cui viene richiesta sarà messo in condizione di fare valere tutte le proprie ragioni innanzi al prefetto

La diffida antimafia non sarà più “un fulmine a ciel sereno”. Importanti novità sono state apportate con il D.L. 6 novembre 2021, n. 152 recante ‘Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose’.

Una delle novità merita di essere segnalata, fin da ora, per la rilevanza che ha nel ridisegnare il rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione, nel caso specifico i Prefetti.
Il Consiglio di Stato ed il Cga siciliano hanno ripetutamente affermato che l’autorità amministrativa, con il ricorso all’istituto dell’informazione antimafia interdittiva (c. d. diffida) ha come obiettivo, in una chiave assolutamente anticipatoria, l’eliminazione dal circuito dell’economia legale dei soggetti economici infiltrati dalle associazioni mafiose che, turbando il mercato minano la libertà di iniziativa economica ed arrecano danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.

Ed in effetti le conseguenze della diffida sono devastanti per il destinatario: determinano una particolare forma di incapacità giuridica in ambito pubblico. Per le imprese la diffida comporta, nei fatti, l’esclusione dal mercato anche a causa del rilievo che al provvedimento prefettizio danno gli istituti di credito pronti a revocare immediatamente mutui, fidi e prestiti.

La vecchia norma considerava preminente l’interesse di garantire con assoluta immediatezza la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e pertanto era nella facoltà del Prefetto emettere la diffida senza in alcun modo “allertare” preventivamente il destinatario e senza concedergli la possibilità di illustrare, prima del dirompente atto, le proprie ragioni difensive.

Certo dalle diffide ingiuste ci si poteva difendere davanti ai giudici amministrativi, chiedendo magari i provvedimenti cautelari, ma nel frattempo la diffida, immediatamente esecutiva, aveva, nella maggioranza dei casi, prodotto i suoi effetti devastanti.

Ora la nuova norma, recependo le sollecitazioni della dottrina e le indicazioni che si traggono da alcune sentenze della Corte di giustizia europea introduce il “contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia”.
Sostanzialmente si prevede che il Prefetto laddove ritenga, a seguito della consultazione della banca dati nazionale unica, sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ne debba dare “tempestiva” comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

Il soggetto pre-avvisato ha un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, e richiedere di essere ascoltato proprio dal Prefetto.
Il Prefetto, ascoltate le ragioni difensive del soggetto, concluderà entro 60 giorni la procedura del contraddittorio.
Ovviamente ci saranno casi di particolare e motivata urgenza che non consentiranno di dar vita al contraddittorio. Ma, secondo la norma, si dovrà trattare di casi assolutamente eccezionali.
Alla fine, il Prefetto, se non è stato convinto della bontà delle argomentazioni difensive, avrà due possibilità:
1) disporre l’applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio (quando ritiene che i sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale);
2) emettere la temuta informativa antimafia interdittiva (qualora sussistano tentativi di infiltrazione mafiosa).
Rimandando alle sedi più appropriate l’esame complessivo della novella legislativa (non sempre scevra di aspetti di difficile lettura) appare chiara la volontà del nuovo legislatore di disegnare una disciplina maggiormente garantista anche per l’interdittiva antimafia garantendo la tutela delle esigenze partecipative del privato nel relativo procedimento.

Insomma la diffida non sarà più un accadimento imponderabile e insospettato, ma prima della sua adozione, il soggetto sarà messo in condizione di fare valere tutte le proprie ragioni innanzi al Prefetto che dovrà tenerne adeguato conto anche nella motivazione della propria decisione finale.

Nino Caleca, consigliere del Consiglio di giustizia amministrativa


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI