Palermo, il commercialista e il buco nero delle amministrazioni

Palermo, il commercialista e il buco nero delle amministrazioni

La gestione dei beni sequestrati e confiscati: mancano altri rendiconti e documenti

PALERMO – Un unico movente e il rischio concreto di reiterazioni del reato. Altri soldi sarebbero finiti nel buco nero delle amministrazioni giudiziarie. Ecco perché il giudice per le indagini preliminari ha firmato una nuova ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per il commercialista Maurizio Lipani. Già indagato e arrestato ora per lui e la moglie Maria Teresa Leuci arrivano nuovi guai giudiziari.

Il Gip Nicola Aiello scrive che “il requisito della concretezza e dell’attualità del rischio di reiterazione specifica è
agevolmente desumibile dal fatto che tutti i delitti in contestazione sono tra loro legati da un unico movente, costituito dalla deviazione delle funzioni di pubblico ufficiale che ha consentito al Lipani (e alla Leuci) di depredare i patrimoni delle società sequestrate fino ad epoca recente”.

Due episodi di peculato, datati giugno e settembre del 2019, in concomitanza con il primo arresto, sono emersi successivamente. E rischiano di non essere gli ultimi. Sono ancora una volta le parole del giudice a farlo emergere: ci sono “ulteriori procedure di amministrazione giudiziaria pendenti presso il Tribunale di Palermo, in relazione alle quali
Lipani, a fronte reiterati solleciti non ha depositato i rendiconti di gestione né la documentazione dell’attività svolta, rendendo impossibile, allo stato, accertare se anche in relazione a tali ulteriori procedure vi siano state condotte appropriative”.

Uno scandalo anticipato nel 2019. Nel corso dell’interrogatorio Lipani si era detto pentito di avere distrutto la sua vita, personale e professionale. Aveva raccontato che ormai da un decennio non incassava le parcelle che gli spettavano. Disse che Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione condannata in primo grado per corruzione e radiata dalla magistratura, l’aveva escluso dal “cerchio magico”. Nel 2011 la Procura lo aveva scelto per gestire l’Abbazia Sant’Anastasia dell’imprenditore Francesco Lena (Lena sarebbe stato poi assolto in sede penale e gli furono dissequestrati tutti i beni). Saguto decise di sostituirlo.

L’ex magistrato non si fidava di, altri invece sì. Lipani sentito come testimone in un processo a Palermo, nel 2014 spiegò di avere “una settantina” di incarichi ricevuti dai “tribunale di Palermo, Messina, Reggio Calabria e Trapani”. La Procura di Palermo continua a spulciare documenti e rendiconti. Il lavoro non è finito.


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