Il tram a Palermo: grida e melodrammi con vista sulle elezioni

Il tram a Palermo: grida e melodrammi con vista sul voto

Come un'opera della mobilità è diventata il pretesto di uno scontro.

In qualunque città del mondo il tram sarebbe esclusivamente un’opera di mobilità urbana di cui discutere, con carta, squadretta e biscottini di complemento, in un clima di reciproca e serena chiarezza. A Palermo, invece, il tram è un’ordalia. Un melodramma. Un ‘Trovatore’ con innumerevoli Manrico in sedicesimo e molteplici Conti di Luna in scala ridotta, sul proscenio, a gorgheggiare, l’un contro l’altro. Perché? Perché si tratta, a prescindere dal merito che è sempre scivoloso, di un’iniziativa simbolo dell’amministrazione. Da celebrare o affossare secondo schieramento e prospettive. Parafrasando lo stesso sindaco: il tram è Orlando, Orlando è il tram. E siccome tra poco ci sono le elezioni che segneranno un cambio d’epoca, ecco che la contesa è divampata furibonda, in un sovrapporsi di voci poco intonate che sommergono gli oggetti e alzano i decibel. Per cui non si capisce più se stiamo parlando di un ‘mezzo di trasporto su rotaia’, secondo definizione tecnica, o del traghetto, o di un autodromo da realizzare a piazza Politeama, di un ufo robot… Sarebbe indifferente nel surrealismo che ci circonda. E il punto è appunto questo: a Palermo non se ne sta capendo più niente. Intanto le bare dei Rotoli, la munnizza e le strade dissestate sono ancora al loro posto, con palmare e silente ostinazione.

Così, il capolinea del tram, che qui abbiamo raccontato, non è l’increspatura – con quali conseguenze vedremo – di un progetto su cui è stato intessuto un contraddittorio schietto ma rispettoso. Basta guardare i video, i filmati di repertorio del consiglio comunale per comprendere l’andazzo di un dibattito che, fra lazzi, schiamazzi, risate e urla, ha dimostrato quanto sappia essere poco attraente il volto di una istituzione cittadina che dovrebbe rappresentare il riflesso del decoro. A un certo momento il presidente dell’assemblea, Totò Orlando, non ha potuto fare a meno di sbottare davanti a quella scolaresca indisciplinata: “Il prossimo Consiglio lo convochiamo al mercato ortofrutticolo!”. (con il massimo rispetto per il mercato ortofrutticolo, luogo di gente che suda, in cui le abbanniate sono uno strumento di lavoro)

Di conseguenza, i toni con cui si commenta l’esito sono da tregenda, per il carico di rivalsa percepito. Pure in questa circostanza si sono affrontate due città, entrambe responsabili del braccio di ferro. Una città che si è proposta come immacolata e perfetta. E chi non si allineava, nonostante qualche buona ragione, era immediatamente declassato al rango di panormosauro. Un’altra città che ha cercato le sue ‘vendette politiche’ e che ha tentato di ribaltare lo scenario in ogni occasione, con uno spirito di reconquista. In cima, sulla sommità di tutti gli strali e di tutti i consensi, Leoluca Orlando, all’ultimo mandato, impegnato nella sua imperturbabile costruzione di una visione. Tuttavia, stavolta, il sindaco è sceso in campo con un dispaccio bellico: “All’agitarsi trionfalistico che ha accompagnato questa scelta da parte di quanti hanno, con il loro comportamento, privato la città di un’opera indispensabile, ricordiamo il danno che hanno arrecato allo sviluppo di Palermo, alle attività economiche e alle opportunità di lavoro”.

L’ira politica ribolle nella zona degli ‘sconfitti’. Mentre i ‘vincitori’ hanno innalzato calici metaforici. Ha scritto su Facebook, l’assessore alla Mobilità Giusto Catania: “L’emendamento che toglie la linea A del progetto tram di Palermo è un atto criminale. Politicamente e moralmente criminale. Sarà poi la magistratura a verificare se ricorrono gli estremi di reato o il danno erariale. Una cosa è certa: si è sacrificato l’interesse pubblico per privilegiare interessi privati e logiche di parte. (…) Ieri notte si è consumata una delle pagine più buie nella storia della città. Mentre qualche consigliere comunale esultava, in modo plateale, da qualche altra parte gruppi di potere hanno festeggiato”. Altro che serenità e biscottini… QUI TUTTI I COMMENTI.

Nel melodrammatico scenario si staglia, in sottofondo, un panorama di macerie. Il palermitano è basito. Subisce il disagio del presente, ma vede affastellarsi scontri e oroscopi sul futuro, con una folla di candidati a Palermo 2022 che avanza senza avere chiarito cosa davvero abbia in mente per risollevare le sorti di una comunità piegata. Tante facce e nessuna idea concreta sulle emergenze. Sarebbe già qualcosa sentire un sindaco in pectore che dica: appena insediato, metterò una piantina di gerani sui balconi di Palazzo delle Aquile. Considerati i chiari di luna, ci accontenteremmo. Invece, il sipario si apre e si chiude immancabilmente sulle fazioni di due città che non si amano, per essere lusinghieri, e che si danno battaglia in un palcoscenico orientato – salvando il disinteresse generoso di pochi – verso il bottino elettorale. E l’unica, derelitta Palermo non ha voce nemmeno per gridare la sua più dolorosa romanza.


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