Il capomafia alla sbarra: Turi Cappello risponde alle domande - Live Sicilia

Il capomafia alla sbarra: Turi Cappello risponde alle domande

Il punto sul processo, troncone ordinario, frutto dell'inchiesta Penelope.

CATANIA – Il processo Penelope che nel 2017 ha smantellato la cosca Cappello, la corrente storica, è a un passo decisivo. Sono partiti gli esami dei testi della difesa, che continueranno anche nella prossima udienza. Il dibattimento ha avuto diversi momenti cruciali in questi mesi. Parallelamente si è svolto il troncone abbreviato che è già arrivato alla sentenza d’Appello. E si attende solo lo scoglio della Cassazione. I boss del calibro di Massimiliano Salvo e Salvatore Lombardo ‘u ciuraru hanno scelto il rito alternativo, mentre il capomafia Turi Cappello – da decenni al 41 bis – e la sua partner Maria Campagna sono stati rinviati a giudizio.

Quando è arrivato il momento di rispondere alle domande della pm Antonella Barrera, la compagna dell’ergastolano ha deciso di rilasciare solo dichiarazioni spontanee. Invece Turi Cappello, in collegamento, ha deciso di sottoporsi all’esame. Ha prima di tutto respinto le accuse formulate. Secondo le indagini avrebbe continuato ad avere contatti con l’esterno (e gli affiliati) attraverso Maria Campagna. Ma il boss ha specificato “che si sarebbe dissociato dal 2005”. E da quella data non riceverebbe alcun emolumento dal clan catanese. In merito ad alcune intercettazioni del 2013, avvenute durante i colloqui in carcere con la donna, Cappello esclude che quando pronuncia il nome ‘Santo’ si riferisca a Santo Strano (uomo di vertice del clan, ndr). A dire dell’imputato starebbe parlando del figlio. Ma alla richiesta di spiegazioni in merito ad un cellulare e all’utilizzo dello scotch, il boss spiega che la copertura con l’adesivo servirebbe a non far vedere i numeri visualizzati alle persone.

Nel corso dell’interrogatorio Salvatore Cappello si lascia andare in un’esternazione: “Scusi io non lo so che ci sono le telecamere, sono così stupido? Quando vi conviene per dire sono intelligente, quando non vi conviene sono stupido”. La pm lo invita a evitare questo tipo di “commenti”.

Il capomafia, protagonista di una lettera a Mattarella, esclude di conoscere i co-imputati. Ammette solo una conoscenza con Giovanni Catanzaro ‘u milanisi, ma per una questione di parentela. Sono infatti cugini. Inoltre ha evidenziato di aver inviato più volte ai giornali lettere per manifestare la sua ‘dissociazione’. Da qui la domanda della pm: “Ma perché non indirizzarla alla Procura?”.


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